Aumento dei biglietti degli autobus, a Padova esplode la protesta
Sindacati e utenti sul piede di guerra: «Autogol in un periodo rincari pesanti, la gente abbandonerà i mezzi pubblici»
Felice Paduano
Oggi salire sul tram o sui bus urbani di BusItalia Veneto costa 1.30 euro. Ma dal primo giugno costerà 1.70. Una decisione che ha fatto infuriare tutte le categorie: la prospettiva di questo «autogol» dicono, è un abbandono del mezzo pubblico a favore di quelli privati. Si preannunciano proteste.
Il confronto
Attualmente il biglietto urbano di Padova è il meno caro rispetto agli altri sei capoluoghi di provincia del Veneto e, complessivamente, tra i più convenienti d’Italia. Tra qualche settimana, tuttavia, con un brusco aumento del 30%, diventerà uno dei più cari della penisola. Secondo solo a quello di Milano (2.20 euro) e pari a quello della GTT di Torino. In Veneto, invece, a Verona, Vicenza e Rovigo viaggiare in bus in città continua a costare 1.30, a Treviso e a Mestre 1.50 e a Belluno, 1.40.
Le reazioni
Inevitabili le reazioni dei sindacati, delle associazioni dei consumatori, degli studenti, ma anche dei pensionati. Tra le più dure quella di Adiconsum–Cisl. «Una scelta folle e sbagliatissima» sottolinea l’ex presidente Roberto Nardo «basta confrontare il nuovo prezzo del biglietto di Padova con quello delle altre città medio-grandi per constatare che il Comune ha fatto non male, ma malissimo ad accettare la proposta tariffaria di BusItalia Veneto, che non è un’azienda privata come sembra trasparire dalle sue scelte manageriali, ma resta pur sempre una società pubblica perché la maggioranza delle azioni è nelle mani delle Ferrovie dello Stato. Ancora non riesco a capire perché, in tempi così difficili per i ceti meno abbienti con l’inflazione alle stelle, la giunta Giordani abbia preso una decisione così impopolare. Secondo me Giordani e Ragona hanno fatto un autogol grande come una montagna».
Pesante anche il commento del presidente della Consulta 4A, che ha la competenza dei quartieri a sud-est della città. «Con questa, bruttissima, scelta il Comune rischia di far allontanare dai mezzi pubblici, tram compreso, tanta altra gente» osserva Celeste Giacon «si rischia di dire addio, almeno per i prossimi anni, alla cosiddetta mobilità dolce. In primis sono penalizzati i quartieri. Credo che saranno in tanti a riprendere l’auto per andare a fare la spesa in centro oppure al lavoro. Credo che l’aumento dei biglietti e degli abbonamenti sarà messo all’ordine del giorno nella prossima Consulta».
Anche il movimento Priorità della Scuola, guidato da Costanza Margiotta e Davide Guerini, è sul piede di guerra e minaccia la mobilitazione degli studenti, dei docenti e del personale Ata. «Terrò delle assemblee nei prossimi giorni e decideremo assieme come reagire dopo una scelta così negativa» dice Guerini «1.70 è una cifra pazzesca. Perché passare dal biglietto meno caro a quello più alto? Siamo di fronte a una stangata tariffaria che in città non si era mai vista. Faremo di tutto per far annullare una decisione così impopolare». Sugli aumenti troppo alti anche un comunicato firmato da Adl/Cobas – Beni Comuni: «In un fase economica così delicata per il Paese si è pensato bene di aumentare anche il biglietto del tram e dei bus» si legge «una scelta che nessuno si aspettava e che dovrebbe togliere qualsiasi alibi all’azienda, che sino a oggi non ha rispettato il contratto sottoscritto con il Comune e la Provincia e che continua a disattendere le promesse fatte in passato. L’aumento andrà e pesare sulle tasche dei cittadini e allontanerà dai mezzi pubblici ancora più persone. Secondo noi gli aumenti, compresi quelli degli abbonamenti del 10%, gioveranno solo a BusItalia che, però, come è successo già in passato, non risolverà i problemi collegati all’efficienza e alla qualità del servizio. Ancora oggi BusItalia ha un deficit di nove milioni e non credo che anche con i soldi, che arriveranno dagli introiti dei biglietti e degli abbonamenti, abbasserà il deficit accumulato in pochissimi anni. Come mai, poi, solo BusItalia ha un rosso così notevole, mentre tante altre aziende, sono in attivo?» domandano i Cobas parlando di «scelta sbagliata che non porterà alcun tipo di miglioramento del servizio e, pertanto, chiediamo all’ente di governo di ripensarci».
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