Padova, il caso dei processi-lumaca: fino a 10 anni per la sentenza di primo grado
Sempre più di frequente non c’è una pronuncia prima di 3 o 5 anni dall’inizio delle udienze. E poi interviene la prescrizione che azzera tutto e rende la giustizia inutile per vittime e imputati
CRISTINA GENESIN
Dieci anni per avere una sentenza penale in primo grado (peraltro di assoluzione), senza tenere conto del tempo per l’indagine. È il caso del processo di cui è stato protagonista il commercialista padovano Alessandro Castellini. Un caso di giustizia infinita. E non è l’unico.
Procedimenti lenti
Il 30 novembre 2022 il professionista è assolto (sentenza impugnata in appello) dal reato di riciclaggio per quanto riguarda i 15 milioni di euro spariti dal patrimonio del commerciante Mario Conte, morto 91enne nominando erede universale, nel suo testamento, il maggiordomo-tuttofare Luciano Cadore (quest’ultimo condannato a 3 anni per la falsificazione di quelle ultime volontà).
Ed è prosciolto dall’accusa di ricettazione di un milione di euro proveniente dalla stessa eredità per intervenuta prescrizione.
Qualche cifra: nel 2010 Castellini è indagato; il rinvio a giudizio il 2 novembre 2011, mentre il processo di primo grado inizia il 15 maggio 2013 e sarà completato quasi dieci anni più tardi.
In totale sono stati necessari 12 anni tra inchiesta e processo per arrivare a una prima pronuncia.
I tempi lunghi della giustizia non sono una rarità
Dalle accuse di peculato e da alcuni episodi di truffa il professor Pietro Litta – finito in un “tritacarne” mediatico in seguito a una trasmissione di RaiUno nel gennaio 2018 prima ancora di essere spedito a giudizio – è stato assolto il 13 dicembre scorso: la prima udienza del processo risale al 13 aprile 2021, ma l’indagine (e l’iscrizione del medico nel registro degli indagati) è del gennaio 2018. Tradotto: cinque anni per una sentenza in primo grado (ora definitiva). Un’odissea costata allo specialista una cattedra di prima fascia nella scuola di Medicina dell’università di Padova e un periodo di sospensione dall’ateneo.
Va alle calende greche il processo che ha messo sotto accusa il sistema dell’accoglienza nel Padovano durante l’emergenza 2016-2017, coinvolgendo l’imprenditore Simone Borile e due vice-prefetti. L’ennesima udienza del processo è slittata al 19 settembre 2023: continuerà l’audizione (già iniziata) di un sottufficiale dei carabinieri che svolse l’indagine decollata nel 2017.
E chiusa con la richiesta di rinvio a giudizio per 8 persone: la prima udienza preliminare davanti al gup si è svolta il 10 ottobre 2018; il rinvio a giudizio è stato deciso il 18 giugno 2019. Ben sette mesi più tardi si è aperto il processo (il collegio giudicante è cambiato due volte) e ora si è appena al primo testimone della pubblica accusa.
Nel frattempo galoppa la prescrizione per i reati contestati di turbativa d’asta, falso ideologico, truffa, frode nelle forniture pubbliche e rivelazione del segreto d’ufficio. Reati che, per fine anno, saranno prescritti: l’ultimo episodio contestato risalirebbe al maggio 2016 e le accuse non sono più perseguibili dopo sette anni e mezzo.
Una doppia sconfitta per la giustizia: da una parte se ci fossero responsabilità penali, non potrebbero essere riconosciute; dall’altra cinque anni per passare da un’inchiesta a un processo (alle fasi iniziali in primo grado) sono un’offesa per il cittadino che ha diritto a veder riconosciuta la propria innocenza in tempi ragionevoli.
Processo infinito
Tra gli altri processi infiniti che, forse, non arriveranno mai a un dibattimento e a una sentenza nel merito, uno vede tra gli imputati Iles Braghetto, una sfilza di ex (ex vicesindaco di Padova, ex consigliere regionale del Veneto, ex assessore alla Sanità regionale e infine ex europarlamentare). Braghetto (nella veste di legale rappresentante del Centro di formazione professionale Ipea e dell’ente Agenzia formazione lavoro) è accusato di due episodi di malversazione (cioè uso di danaro pubblico per una finalità diversa dalla formazione professionale, finalità per la quale gli erano stati erogati oltre 6 milioni di euro di fondi regionali) nonché di falso e simulazione di reato.
L’indagine – di competenza della Procura distrettuale di Venezia perché un coimputato è accusato di accesso abusivo a un sistema informatico – è avviata nel 2015 e resta ferma per anni, poi la richiesta di rinvio a giudizio il 4 giugno 2020. La prima udienza davanti al tribunale di Padova è del 10 novembre 2021, poi solo rinvii: per un’unica accusa non prescritta si deciderà il 9 novembre 2023, tanto che si sono ritirate le parti civili, l’avvocato Andrea Sanguin che tutelava la curatela fallimentare Ipea, e l’Avvocatura dello Stato per la Regione Veneto.
Altri casi sempre più frequenti
Un altro esempio di giustizia-lumaca, il processo per lo “scippo” di ExpoBici: imputati sono l’ex amministratore delegato di Padova Fiere, Paolo Coin, con altri chiamati a rispondere di aver trasferito alla concorrente veronese il know-how della manifestazione.
L’indagine della procura distrettuale veneziana parte nel novembre 2014 e la prima udienza del processo è fissata per il 10 maggio 2017. Poi il solito copione tra rinvii e cambi di giudici per arrivare alla data 13 maggio 2023. A quasi sei anni dall’inizio del processo di primo grado, però, è scattato il conto alla rovescia che potrebbe azzerare tutto: la prescrizione ci sarà a fine 2024.
La lista sarebbe ancora lunga. Da ricordare “il processo Miami” che ha per protagonista (con altri) il gioielliere piovese Ivone Sartori, accusato di essere stato il cervello di una sorta di “multinazionale” del riciclaggio di soldi in nero finiti in investimenti immobiliari in Florida.
L’indagine inizia nel 2013, gli imputati sono spediti a giudizio il 23 luglio 2018, eppure a tutt’oggi nelle udienze ci si è limitati a disporre la trascrizione delle intercettazioni telefoniche. E, a 10 anni dall’inizio dell’inchiesta, il prossimo 9 maggio sarà sentito il primo teste della pubblica accusa.
Giustizia-tartaruga o giustizia-lumaca. Forse solo ingiustizia e basta: i tempi lenti dei processi puniscono tutti, vittime (se ci sono) e imputati.
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