«Il titolare è un evasore seriale dal 1999»: sotto sequestro il centro Megliadino a Borgo Veneto
La Guardia di Finanza confisca beni per milioni di euro a Miano, tra cui una Rolls-Royce e il complesso di San Fidenzio
Nicola Cesaro
Una Rolls-Royce, una Ferrari d’epoca, immobili, ville e terreni per un valore di milioni di euro. Nel maxi-sequestro dei beni dell’imprenditore Antonio Miano ci finisce anche il centro commerciale “Megliadino”, la cui vicende giudiziarie sono purtroppo note da ormai quattro anni. Una premessa doverosa: la struttura commerciale di Borgo Veneto oggi funziona, dunque ogni provvedimento dell’autorità non si è tradotto in uno stop all’attività. È tuttavia chiaro che il complesso non navighi in buone acque, e d’altra parte basta farsi una “vasca” tra i corridoi della struttura per incappare in più di qualche vetrina vuota.
Ma andiamo con ordine. I finanzieri del Comando provinciale di Roma nelle ultime ore hanno dato esecuzione al decreto di sequestro emesso, ai sensi del Codice Antimafia, dalla Corte di Appello capitolina su richiesta congiunta dagli uffici di Procura di Roma e Tivoli. Oggetto del sequestro, il patrimonio di milioni di euro nella disponibilità di un imprenditore, Antonio Miano, 55 anni, di fatto per quasi un decennio il vero titolare del centro commerciale “Megliadino” di via Vallesella (inaugurato nel 2007) attraverso una serie di società che negli anni si sono intrecciate in un complesso quanto truffaldino meccanismo di macchine cinesi.
Nel 2019 Miano e altre due figure a lui legate sono state arrestate con l’accusa di bancarotta fraudolenta e riciclaggio: il romano è considerato il motore del meccanismo che ha portato a una distrazione di beni tali da creare un buco da 36 milioni di euro. Come? Qualche milione di euro di ricavi non dichiarati al Fisco (perlopiù gli affitti incassati dai negozianti), qualche altro milione di mutui non pagati alle banche (in particolare per il finanziamento utilizzato per la realizzazione del centro), un decennio di Ici non versata, Imu e Tasi non corrisposte al Comune, solo per citare le voci più importanti. Dopo che il vaso è stato scoperchiato, il “Megliadino” è stato affidato a due curatori fallimentari.
La Corte d’Appello di Roma, nel disporre il sequestro dei beni di Miano, ha ricordato i numerosi procedimenti che hanno visto protagonista l’imprenditore dal 1993 a oggi: «Per associazione per delinquere finalizzata al compimento di truffe, associazione per delinquere finalizzata a reati di truffa e riciclaggio; plurime bancarotte fraudolente in varie parti d’Italia; turbativa d’asta; plurime truffe (in un caso contestata all’estero). E ancora: appropriazioni indebite e falso in bilancio; autoriciclaggio, delitti tributari». Secondo la Corte «risulta che il Miano è un evasore fiscale seriale dal 1999 a 2018 e, comunque, una persona che ha commesso violazioni fiscali per milioni di euro, al pari della moglie».
I danni commessi a Megliadino San Fidenzio vanno peraltro di pari passo con quelli commessi a Tivoli, dove le società riconducibili al romano gestivano il centro commerciale Tiberinus. Anche a fronte dell’intervento dell’autorità giudiziaria, Miano non ha mai smesso di cercare di controllare queste attività sfruttando i molti prestanome e la galassia di società creati negli anni.
«Il sequestro è stato emesso in esito alle indagini eseguite dal Nucleo di polizia economico-finanziaria di Roma della Guardia di Finanza, che hanno consentito di acclarare, allo stato, l’origine illecita dei beni e la sproporzione tra beni posseduti dall’imprenditore, direttamente o tramite terzi soggetti, rispetto ai redditi dichiarati dal proprio nucleo familiare». Sotto sequestro sono finiti ville e terreni tra le province di Roma e Lecce, auto di lusso tra cui una Rolls-Royce e una Ferrari, disponibilità finanziarie sparse per vari conti, le quote sociale di 14 società e i beni aziendali delle stesse, tra cui i centri commerciali di Megliadino San Fidenzio e di Tivoli. Tutti i beni sequestrati sono oggi gestiti dall’amministratore giudiziario.
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