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Consulenze senza l’ok dell’Università di Padova: Cossu deve risarcire 622 mila euro

L’ex presidente di Ingegneria Ambientale, 75 anni, è oggi professore emerito.Assicurava prestazioni a enti pubblici e privati anche se docente a tempo pieno

Nicola Cesaro
2 minuti di lettura

Raffaello Guido Antonio Cossu e la sede della Corte dei Conti

 

Ha svolto incarichi senza aver ottenuto l’autorizzazione dell’Ateneo, per questo Raffaello Guido Antonio Cossu – oggi professore emerito – dovrà risarcire l’Università di Padova versando ben 621.589,43 euro.

Lo ha stabilito una sentenza della sezione veneta della Corte dei Conti. Cossu, sassarese di 75 anni, è figura molto nota: era arrivato a Padova nel 1998 e aveva dato un’impronta importante al corso di laurea in Ingegneria per l’Ambiente, di cui è stato presidente per quasi cinque lustri. La Procura erariale aveva chiesto una condanna ben più alta per il docente, pari a oltre 902 mila euro: 722 mila per l’attività extra istituzionale svolta violando la legge in materia, quasi 180 mila euro per la violazione del rapporto di esclusiva che lo vincolava all’Università.

Stando agli accertamenti svolti dalla Guardia di Finanza, era risultato che Cossu, docente di Ingegneria Sanitaria-Ambientale a tempo pieno presso l’Università di Padova sin dall’ottobre 2009, avesse percepito – in regime di partita Iva tra il 2012 e il 2018 – redditi piuttosto corposi «svolgendo tra l’altro attività di lavoro extraistituzionale incompatibile con il suo rapporto di lavoro».

La Procura ha contestato «lo svolgimento, in assenza della prescritta autorizzazione, di incarichi professionali in favore di soggetti privati ed enti pubblici».

L’elenco degli enti a cui Cossu ha prestato la sua professionalità, contestato dalla Procura, è lungo: i Comuni di Sassari e di Montichiari, la società Progetto Gestione Bacino Bari Cinque, la Gaetano Bellabarba&C., la Daneco Impianti, la Pontina Ambienti, la Giovi, e ancora Marcopolo Engineering, Saccecav, Immobiliare Zabarella, Intercantieri Vittadello, Geo Nova e infine Hera spa.

«Per alcuni di essi, la Procura dava atto dell’esistenza di autorizzazioni rilasciate dall’Università, ritenute però riferibili solo a parte delle prestazioni eseguite o per un impegno preventivato risultato di fatto inferiore rispetto a quello effettivo», si legge nella sentenza di condanna, che aggiunge: «Tali incarichi erano stati svolti mediante l’utilizzo di una stabile organizzazione e con uno studio professionale articolato con una sede legale ed amministrativa in Sassari ed una sede operativa ubicata in Padova».

Lo svolgimento in regime di partita Iva di attività professionale in modo continuativo e non occasionale da parte di Cossu, in qualità di docente in regime di tempo pieno, ha violato sia le leggi in materia, che consentono il libero svolgimento solo di alcune attività tipizzate espressamente indicate, sia la stessa disciplina regolamentare dell’Università di Padova, che ricalca le previsioni di legge

. A detta della Corte dei Conti, Cossu era consapevole di svolgere incarichi incompatibili, tanto che più di qualche richiesta di autorizzazione inoltrata all’Università era solamente parziale, con «l’intento doloso di celare all’amministrazione datrice di lavoro la reale natura e la consistenza dell’attività extraistituzionale svolta».

La riduzione delle somme inizialmente richieste è legata, tra le altre cose, al concorso di responsabilità dell’Ateneo, che ha portato al dimezzamento di alcune delle voci contestate.

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