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Padova. «Picchiato dalla polizia». La famiglia del 17enne scrive a Ilaria Cucchi

Inviata una mail all’associazione: «Visto che si occupa di diritti ho chiesto come possiamo muoverci. Per noi è una questione di giustizia»

Alice Ferretti
2 minuti di lettura

Qui sopra via Einstein, a Montà, dove lo scorso dicembre si è verificato l’episodio

 

«Ho scritto personalmente una mail all’associazione di Ilaria Cucchi (attivista e sorella di Stefano Cucchi, il giovane ucciso a Roma il 22 ottobre 2009 mentre era sottoposto a custodia cautelare ndr) e attraverso due parlamentari, il deputato del Pd Alessandro Zan e la deputata di Sinistra Italiana Elisabetta Piccolotti, ho chiesto venga data priorità al messaggio».

A prendere in mano la situazione è la nonna del ragazzo di 17 anni, incensurato, finito sotto inchiesta per resistenza a pubblico ufficiale. Giovane che a sua volta ha accusato i poliziotti dicendo che l’avrebbero scambiato per un pusher e picchiato. Per questo motivo ha presentato denuncia contro gli agenti.

La nonna del 17enne: ecco perché lo faccio

«Capisco bene che l’episodio non sia certo paragonabile a quello che è successo alla famiglia Cucchi, ma visto che l’associazione si occupa di diritti e in particolare del rapporto tra cittadini e forze dell’ordine ho pensato di chiedere a loro qualche suggerimento per capire come muoverci ed evitare di disperdere energie», continua la nonna.

«Per noi non è solo una questione di danno subito da mio nipote, è una questione di giustizia e di immagine, non certo bella, che i ragazzi possono avere di noi adulti e delle istituzioni».

E oltretutto non è facile, dice la nonna, stare al centro di un episodio che adesso è diventato anche mediatico: «Ovviamente mio nipote è disturbato da questo ma noi gli abbiamo chiesto di avere pazienza. Dice che tutte le volte che si parla dell’accaduto per lui è come rivivere quel momento».

La serata con amici e il rientro a casa

Sono le 23 di una sera di dicembre. Il 17enne è diretto verso casa dopo essere stato a una festa. Sta percorrendo in bicicletta via Einstein, a Montà, quando un’auto inchioda davanti a lui.

Scendono due persone e, secondo il racconto del giovane, lo spingono a terra e gli mettono le mani nelle tasche.

Lui, dice, pensa si tratti di una rapina, si difende come può e cerca di scappare. I due però sono poliziotti della Squadra Mobile in borghese che probabilmente stavano cercando uno spacciatore.

La serata finisce con il 17enne riaccompagnato a casa con ferite in diverse parti del corpo, oltre a una denuncia per resistenza a pubblico ufficiale.

Dall’altra parte i genitori del ragazzo danno mandato a un avvocato che dopo pochi giorni presenta una contro-querela nei confronti degli agenti.

Per la Questura, che sta collaborando con la massima trasparenza con l’autorità giudiziaria, non è in dubbio la correttezza dell’operato degli agenti.

Perché le denunce

Il ragazzo viene denunciato per resistenza a pubblico ufficiale la sera stessa. Il Tribunale dei minori apre un fascicolo e il 17enne viene interrogato.

I genitori si rivolgono a un legale e presentano una contro-querela per cercare in questo modo di tutelare il figlio.

Nel verbale di perquisizione si legge che il ragazzo «tentava di eludere il controllo di Polizia dandosi alla fuga, ed effettuava una resistenza attiva nei confronti degli operatori. Nello specifico il soggetto tentava ripetutamente mediante la forza, di mettere le mani all’interno del proprio giubbotto che presentava un vistoso rigonfiamento proprio nella zona di interesse del ragazzo, ovvero la tasca destra».

In tasca non c’era altro che la sigaretta elettronica del diciassettenne.

Nel capo di imputazione del procedimento al Tribunale dei minori di Venezia si legge invece «Al fine di eludere il controllo di Polizia non esitava a spingere un agente facendolo cadere rovinosamente a terra e a colpire con un pugno al volto l’altro agente, con il quale ingaggiava una violenta colluttazione culminata nello sferrare una forte gomitata alla gola»

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