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Emma Ruzzon al congresso nazionale della Cgil: «Studenti e lavoratori lottiamo insieme»

La studentessa di Padova sul palco di Rimini con Landini «Il sindacato parli ai giovani: serve forza per i diritti»

Silvia Bergamin
2 minuti di lettura
Emma Ruzzon sul palco della Cgil 

«Siamo più forti se uniamo gli sguardi: studenti, lavoratori e pensionati hanno gli stessi problemi di precariato e devono mobilitarsi insieme». Emma Ruzzon, 23 anni, presidente del Consiglio degli Studenti dell’Università di Padova, è stata chiamata a Rimini dal segretario della Cgil Maurizio Landini a dire la sua sul palco del congresso nazionale del principale sindacato italiano. La studentessa padovana, che si distinta in occasione dell’Inaugurazione dell’anno accademico per i durissimi richiami alle istituzioni affinché diano ascolto ai giovani e per la denuncia di una deriva meritocratica che causa i suicidi tra i ragazzi, è stata invitata a diverse trasmissioni televisive e, ora, anche all’apertura dei lavori del congresso Cgil. La studentessa è stata sul palco insieme al giornalista Marco Damilano.

Emma Ruzzon sul palco con Landini 

«Alla Cgil» ha esordito «chiedo di parlare ai giovani per essere più forte: va messo in discussione un sistema produttivo che non ci permette una veloce transizione ecologica. E poi serve forza per i diritti sociali, il diritto al lavoro, i diritti civili. Lottiamo insieme e riprendiamoci i nostri valori». Quindi: «Mi ha fatto piacere provare a portare le criticità della nostra generazione: esiste la necessità di una riflessione seria sul diritto allo studio, con le borse di studio non coperte, e poi c’è il precariato che viviamo già durante lo studio: penso a chi non ha la possibilità di sostegni dalla famiglia o dall’Università ed è costretto a lavorare e ad essere sfruttato, conosciamo bene il fenomeno dei riders e dei contratti in nero. Tutto questo produce ansia e malessere psicologico a studentesse e studenti costretti poi ai tempi degli esami, a correre».

Un forte j’accuse contro la cultura del merito: «Il merito non ha senso se le condizioni di partenza sono diverse. Tutta la responsabilità di non farcela, di non meritare, viene caricata sul singolo, che deve provare a studiare con stanze a 500 euro al mese, con case che spesso non ci sono». Non basta, secondo la studentessa, la forza di volontà: «La volontà singola non basta. Ora abbiamo un ministero che porta il Merito nel nome, e quindi è ancora più importante analizzare questa parola, e forse decostruirla. E ribadire che non è vero che se vuoi puoi, perché non tutti gli studenti possono». Un diritto allo studio che a tratti appare insostenibile: «I più disagiati non ce la fanno, quindi non è vero che se vogliono possono. Ripeto: alcuni diritti sono basilari e non devono essere “meritati”». Infine: «Va ripensato un modello di sviluppo che ci chiede di continuo competitività e alta produttività. E poi servono fondi per le borse di studio e va aumentata la no tax area». E per sbloccare la situazione? «Affrontiamo insieme le battaglie, studenti, lavoratori, pensionati: sono le stesse».

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