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Eredità Conte, processo durato 10 anni per Castellini: sospetto di un falso, ma è prescritto

Il commercialista era accusato di riciclaggio con riferimento ai 15 milioni di euro “evaporati” dal patrimonio del ricco commerciante Mario Conte

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Dieci anni per un processo in primo grado: sembra una barzelletta in un paese civile, invece è una realtà. È il processo che, il 30 novembre scorso – come già dato conto dal Mattino – si è concluso con l’assoluzione del commercialista padovano Alessandro Castellini, accusato di riciclaggio per quanto riguarda i 15 milioni di euro “evaporati” dal patrimonio del ricco commerciante Mario Conte, morto 91enne nominando erede universale il maggiordomo tuttofare Luciano Cadore, quest’ultimo condannato a 3 anni per la falsificazione del testamento che lo rese milionario. E (sempre Castellini) chiamato pure a rispondere per la ricettazione di un milione di euro proveniente dalla stessa eredità.

Il tribunale ha depositato le motivazioni della sentenza che aveva dichiarato il proscioglimento dell’imputato quanto alla ricettazione per intervenuta prescrizione (è decorso troppo tempo e l’azione penale non può più essere esercitata) e l’assoluzione per quanto concerne il riciclaggio. Scrivono i giudici: «Il lunghissimo e tormentato iter processuale ha condotto all’acquisizione di numerosi ed eterogenei elementi destinati a formare un coacervo probatorio ponderoso ma connotato da equivocità, profili contraddittori e carenze ostative all’affermazione di fondatezza dell’ipotesi accusatoria».

La conseguenza? «Prevalente è l’ipotesi di un coinvolgimento di Castellini nella pianificazione della complessa operazione riguardante l’illecita acquisizione del patrimonio di Conte mediante la falsificazione del suo testamento e la dispersione dell’asse ereditario attraverso interventi contabili e finanziari che avrebbero richiesto la partecipazione di un tecnico quale Castellini, titolare di competenze di cui Cadore era privo». Insomma avrebbe potuto esserci il sospetto di un reato di falso (comunque prescritto). Quanto al riciclaggio di quel fiume di soldi, il processo ha portato a risultati definiti dal tribunale «lacunosi», non in grado di dimostrare l’ingerenza del commercialista «in una delle operazioni indicate dall’accusa».

Il professionista 56enne, con studio in città, è stato uno dei personaggi-chiave nella vicenda giudiziaria che si era sviluppata intorno al testamento del pellicciaio Mario Conte, morto il 13 ottobre 2008, lasciando un patrimonio di oltre 70 milioni di euro finito nelle tasche dell'ex maggiordomo-tuttofare Cadore (oltre a Castellini stesso per la procura).

Secondo l’accusa il commercialista sarebbe stato il regista delle operazioni finanziario-bancarie che avevano messo in salvo in paradisi fiscali ben 15 milioni di euro, trasferendo dal conto di Cadore in banca Antonveneta a quello acceso alle Bahamas nella Banca Overseas, prima 12 milioni di euro e poi altri tre milioni; infine altri 6 milioni dal paradiso caraibico ad alcune banche svizzere.

Certo i giudici ammettono che Castellini «era il soggetto che costituiva per Cadore uno stabile e qualificato punto di riferimento già in epoca precedente al decesso di Conte».

E ancora, le prove che hanno portato alla condanna di Cadore offrono «più di un valido sostegno all’ipotesi secondo cui Castellini avrebbe concorso con Cadore nell’operazione di acquisizione del patrimonio di Conte mediante la falsificazione del suo testamento e successiva dispersione dell’eredità» si legge sempre nelle motivazioni. Per fare ciò «servivano competenze estranee al Cadore, che facevano parte della formazione professionale di Castellini... che va annoverato tra gli artefici della complessa operazione... e tra i concorrenti della falsità documentale». Insomma c’è il sospetto che abbia aiutato Cadore: sarebbe casomai un falso, reato prescritto.

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