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In via Sarpi a Padova scompare un altro pezzo di verde. Arrivano nuove case

Il cantiere occupato il 3 marzo dal corteo Fridays for Future è simbolo di una città che non sa frenare il consumo di suolo

Cristiano Cadoni
2 minuti di lettura

Cinque anni fa c’era soltanto il verde. Pochi alberi, tanto prato, la vista libera di correre sulle mura. Oggi l’ultimo pezzo di terra senza cemento lungo via Sarpi è già recintato e occupato da camion e ruspe. Non è un caso che il Fridays for Future del 3 marzo si sia fermato qui e non all’ex caserma Prandina.

Se c’è un luogo simbolo della cementificazione che non si arresta, in una città che ha già usato metà del suo budget di terra, è proprio questo.

Ancora case

Ai piedi del cavalcavia Dalmazia, tra le mura e via Sarpi, tra l’iper Rossetto, l’Eurospin e il nuovo McDonald’s, presto spunteranno quattro edifici, due dei quali alti una ventina di metri. Due palazzine saranno a edilizia libera, uno convenzionata e un altro edificio sarà destinato al commercio. In totale sono poco meno di 70 mila metri cubi di volumi più parcheggi, sotterranei e in superficie.

Il Pru (Piano di riqualificazione urbana) in questione risale al 1999, amministrazione Zanonato, ma nel tempo è stato aggiornato più volte, l’ultima nel 2021 con l’approvazione in giunta. L’accordo fra Comune e società Agrifutura prevede che i privati si facciano carico di sistemare e ampliare l’area del parco delle Mura, che sta a sud del nuovo insediamento, della nuova rete viaria (percorsi ciclabili e pedonali, strada del Parco), per un investimento totale di 361 mila euro.

Il verde non c’è più

Con la realizzazione del Pru, che dovrebbe essere completata nel giro di un paio d’anni, l’intera area tra via Sarpi e le mura sarà cementificata. «Due sono gli aspetti su cui porre l’attenzione di fronte a questa operazione», denuncia il Fridays for Future di Padova. «Il primo è sicuramente la critica a un modello immobiliare che prevede la costruzione di nuovi edifici residenziali di fronte a un numero esorbitante di case vuote, spesso abbandonate all’incuria da parte di Ater o dei proprietari privati. L’ottica in cui è necessario cominciare a entrare è doverosamente e inderogabilmente - sia per quanto riguarda il patrimonio pubblico che quello privato - quella del riutilizzo e della ristrutturazione, disincentivando ulteriori cantieri».

Si calcola che in città ci siano più di 6 mila edifici vuoti, sfitti, inutilizzati. Sono più di 81 mila in tutta la provincia, poco meno di 668 mila in tutto il Veneto. In questo senso - ha denunciato la manifestazione di venerdì - sembra assurdo che si continui a costruire, che migliaia di famiglie non trovino una casa, che gli studenti fuorisede siano costretti a svenarsi per una stanza, a volte fuori città, pur di frequentare l’università.

Le conseguenze

Il secondo aspetto è il tema delle compensazioni. «La morte di un’altra fetta di città a causa del cemento non può essere cancellata da opere compensatorie in altre zone», sostiene il movimento ecologista. «Stiamo assistendo alla progressiva erosione di un territorio ormai martoriato da decenni . Inoltre l’aumento delle zone cementificate influisce sull’innalzamento della temperatura, tema sempre più problematico come hanno dimostrato i mesi caldissimi di siccità della scorsa estate».

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