La donna aggredita con l’acido: «Ho paura, i domiciliari per il mio ex non bastano.Non è pentito»
Per l’ex compagna di Pellegrini, aggredita con l’acido, la misura cautelare non sarebbe sufficiente a garantirle sicurezza
Alice Ferretti
Non è serena la 52enne di Sant’Elena che lo scorso 16 febbraio è stata aggredita e colpita al volto con dell’acido muriatico dall’ex compagno Stefano Pellegrini, 58 anni, operaio metalmeccanico di Solesino, arrestato e ai domiciliari. E non solo per essere stata vittima di un gesto atroce, ma anche per il timore che tutto ciò possa ripetersi. L’uomo, che è stato arrestato lunedì pomeriggio, si trova ora agli arresti domiciliari a casa della madre e deve indossare il braccialetto elettronico. Nonostante questa misura, la donna continua a vivere nell’ansia.
«Sono terrorizzata. I domiciliari non bastano, non sono sufficienti», ha detto la 52enne, difesa dall’avvocato di Ferrara Barbara Grandi. Una paura dovuta anche al comportamento che Pellegrini ha tenuto subito dopo l’aggressione, fatto di dichiarazioni di innocenza e tentativi di depistaggio delle indagini. «Lui non ha dimostrato alcun pentimento», ha sottolineato l’ex compagna. «Ha fatto di tutto per scagionarsi, per non far cadere la colpa su di lui. E io adesso ho paura».

Il timore che Pellegrini possa reiterare il reato o addirittura spingersi anche oltre è proprio il motivo che ha spinto il gip della Procura di Rovigo, Silvia Varotto, a firmare il provvedimento che stabilisce la misura cautelare degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico. Come rilevato dal pm rodigino Maria Giulia Rizzo, sussisterebbe infatti il «concreto e attuale pericolo che l’indagato commetta altri delitti della stessa specie se lasciato nella possibilità di entrare in contatto con la vittima o con altri soggetti a lei vicini».
Nell’ordinanza del gip viene evidenziato anche come il 58enne abbia «una spiccata capacità delinquenziale» e sia «incapace di controllarsi». E ancora: «Ha dimostrato di non essere in grado di frenare i propri impulsi distruttivi nei confronti dell’ex compagna neppure di fronte a gravissimi atti di aggressione, che avrebbero potuto comportare conseguenze ben più drammatiche». L’indole «delinquenziale» di Pellegrini, si legge, «è solo parzialmente attenuata dalla successiva confessione, intervenuta soltanto quando i propri tentativi di depistaggio si stavano rivelando del tutto fallimentari e i sospetti non solo degli inquirenti, ma di tutta la famiglia, si stavano concentrando inesorabilmente su di lui».

Un elemento importante su cui si fa leva nell’ordinanza è anche quello della «reiterazione nel tempo delle condotte moleste e minacciose, con intensità e frequenza tali da risultare idonee a causare l’evento del reato». Una «preoccupante escalation degli episodi» tale da provocare un «perdurante e grave stato d’ansia e di paura o un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto».
La 52enne proprio a causa di questo stato d’animo sarebbe stata costretta a cambiare diverse sue abitudini di vita «restando al telefono con il compagno ogniqualvolta rincasava dal lavoro» e passando le giornate in un «costante ed evidente timore di incontrare l’indagato e delle sue reazioni violente».
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