Migranti, a Padova le coop chiedono aiuto alle parrocchie per nuovi posti
Dopo l’incontro con il prefetto, l’appello alla Diocesi. Nel caso non arrivassero risposte, si punterà agli alberghi
elvira scigliano
I bandi della Prefettura hanno dato risposta solo in minima parte (106 posti trovati su 300 richiesti). La ricognizione di sindaci e imprenditori è ancora in sospeso, malgrado la richiesta forte del prefetto Raffaele Grassi. L’ultimo atto dell’accoglienza sono le parrocchie: lunedì scorso il prefetto ha convocato le cooperative che hanno risposto al bando, chiedendo loro ancora uno forzo. E le cooperative – decise a non deludere il funzionario del Governo – stanno bussando alle porte delle parrocchie di tutta la provincia.
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E se non si trova una soluzione immediata all’emergenza la Prefettura ha pronto il piano “B”, ovvero gli alberghi (c’è già stata un’interlocuzione con Federalberghi).
«Le coop padovane si sono riavvicinate ai nuovi bandi della Prefettura grazie all’attenzione – anche economica – del prefetto Grassi», riferisce Loris Cervato, responsabile cooperazione sociale Legacoop Veneto. «Prima invece si erano allontanate perché l’accoglienza era diventata una corsa ad ostacoli. Oggi però si aggiunge la reale difficoltà a trovare case perché non ci sono alloggi. Dopo l’ultima “chiamata” del prefetto stiamo facendo l’impossibile, cominciando a bussare alle parrocchie. Ma finché la migrazione è gestita come un’urgenza, appena i numeri si fanno più significativi, si finisce nel caos».
Come negli ultimi giorni: a Padova da 20-30 trasferimenti a settimana, si è passati a un centinaio ed è stato subito allarme. La stessa cosa era già accaduta ad inizio gennaio ed è destinata a ripetersi con la bella stagione.
Attualmente sono quasi 2 mila (1.950) le persone inserite nei centri di accoglienza, di cui 419 ucraini. Le cooperative sono al limite delle loro possibilità con 1.513 posti per i Cas (la prima accoglienza) e circa 200 per i Sai (dove sono sistemate le persone che hanno già ottenuto il permesso di soggiorno).
Ed è proprio qui che si gioca la grande sfida lanciata dal prefetto per realizzare un modello padovano virtuoso: è necessario valorizzare la rete Sai.
Nei prossimi giorni Grassi – di comune accordo con il Comune di Padova – convocherà le cooperative per ragionare sui progetti di accoglienza Sai finanziati direttamente dalla Comunità europea. Nel frattempo non si arresta la ricognizione dei posti Cas per capire chi ha davvero diritto di restare e chi no: da settembre la Prefettura ha già revocato 206 posizioni.
La vera partita dunque si gioca nel territorio, per cercare di convincere più amministratori possibili che l’accoglienza è una risorsa, se ben gestita. Da una parte dunque i progetti Cas, con i bandi direttamente promossi dalla Prefettura, che ad oggi ospitano poco più di 1. 500 persone. Poi ci sono i Sai, che sono invece i bandi promossi dal Ministero dell’interno, che affida i progetti ai singoli Comuni e, questi ultimi, alle cooperative. Attualmente i progetti sono 4 – capofila Padova, Montegrotto, Este e Piazzola sul Brenta – per circa 200 posti.
«Abbiamo già dato la nostra disponibilità alla Prefettura – assicura Cervato – Il prefetto Grassi sta sollevando una questione che dovrebbe risolvere il Governo. Se fossi un politico andrei in Europa, chiederei fondi e creerei centri di accoglienza veri, che distinguano il migrante economico dal profugo di guerra e dal dissidente politico. Assumerei tante persone e ne farei un business, ma all’inglese, senza l’accezione negativa etica. Invece assistiamo a naufragi e morte. La posizione geografica del nostro paese non la possiamo cambiare, dunque diamoci una mossa».
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