Inceneritore, il ricorso dei comitati bocciato dai giudici. I residenti: «Sentenza appiattita»
Per il Tar la quarta linea è migliorativa rispetto all’impianto esistente: «L’alternativa è bruciare lo stesso molti più rifiuti»
LUCA PREZIUSI
Respinto in toto il ricorso al Tar presentato dai comitati contrari alla realizzazione della quarta linea dell’inceneritore. Il tribunale amministrativo regionale (Tar) ha bocciato tutte le contestazioni presentate dalle sigle ambientaliste, che avevano portato in aula sia il presidente della Regione Luca Zaia che i vertici di Hestambiente, accusandoli di aver dato il via libera a un’operazione sul termovalorizzatore di Padova considerata peggiorativa rispetto all’attuale situazione inquinante.
La richiesta di annullare gli atti è stata rimandata al mittente, con tanto di condanna a pagare le spese legali dei due enti per un totale di 4 mila euro.
Il ricorso, come e perché
Il ricorso era stato presentato a maggio dello scorso anno, dopo mesi di proteste davanti all’inceneritore di San Lazzaro, prima dell’ok della valutazione ambientale per la quarta linea. Che poi ha portato alla progettazione definitiva e alla nascita di un vero e proprio caso politico. Dalle accuse dei comitati – che hanno sempre descritto il progetto come il lasciapassare all’innalzamento delle tonnellate dei rifiuti bruciati rispetto a quelli delle prime due linee attive – sia Regione che Hestambiente si erano sempre difese evidenziando come l’intervento fosse in realtà migliorativo. La stessa tesi sposata dai giudici del Tar.
La decisione e le motivazioni
«Nel caso in cui l’ammodernamento contestato non fosse realizzato, l’impianto verrebbe mantenuto nella sua configurazione impiantistica esistente e potrebbe legittimamente trattare rifiuti fino al quantitativo massimo autorizzato (245 mila tonnellate all’anno, ben superiore rispetto a quello previsto dal provvedimento autorizzativo), ma utilizzando le attuali obsolete linee di trattamento – si legge nella sentenza firmata dalla presidente Grazia Flaim.
Mentre per quanto concerne il merito, va premesso che l’assunto di controparte, secondo cui l’incremento dei rifiuti trattati nel termovalorizzatore comporterà un proporzionale aumento delle emissioni, con una relazione di tipo lineare, non solo risulta sfornito di un principio di prova, ma non tiene conto delle caratteristiche e dei benefici prodotti dal progetto di ammodernamento. L’impianto non opererà infatti a configurazione invariata, ma sarà oggetto di un complessivo revamping, interessante non solo la nuova linea sostitutiva di quelle obsolete da dismettere, ma anche la linea 3, che dovrà essere adeguata, con l’obiettivo di un miglioramento delle attuali condizioni ambientali, in particolare quelle riguardanti l’inquinamento dell’aria».
In cosa consiste l’ammodernamento
Il Tar ha quindi confermato la tesi di Hestambiente, che ha sempre sottolineato come il progetto non riguardi la realizzazione di un nuovo termovalorizzatore, ma l’ammodernamento dell’impianto esistente.
Anche secondo il tribunale è prevista «la riduzione della capacità di trattamento dei rifiuti attualmente autorizzata e un recupero energetico molto superiore». La sentenza entra anche nel dettaglio dei numeri: «Con l’ammodernamento autorizzato, il termovalorizzatore produrrà circa il 60% di energia termica in più, con la possibilità di un impiego diretto del calore generato dalla combustione dei rifiuti a beneficio della collettività, per la produzione di energia elettrica e termica».
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I residenti: «Sentenza appiattita su posizioni Hestambiente»
La sentenza è totalmente appiattita sulle argomentazioni di Hestambiente ed evidenzia un totale pregiudizio nei confronti dei ricorrenti».
Come prevedibile, i comitati che si sono opposti anche in tribunale alla realizzazione della quarta linea dell’inceneritore, sono rimasti delusi dalla sentenza del Tar. Una “batosta” che non si aspettavano, vista la dettagliata denuncia che avevano presentato.
«Secondo i giudici, poiché l’inceneritore possiede già l’autorizzazione a bruciare più rifiuti non possiamo lamentarci e non avremmo neppure diritto al ricorso, dato che la quarta linea ne brucerà di meno» sostengono le associazioni e i comitati “No Quarta Linea dell’inceneritore di San Lazzaro”.
«Il fatto che l’impianto attuale non sia e non sia mai stato in grado, per motivi tecnici, di bruciare quel quantitativo per il Tar è ininfluente, mentre quello che conta è l’autorizzazione regionale pregressa, del 2009. Il maggiore inquinamento della quarta linea, calcolato sulla base dei dati di Hestambiente, viene liquidato come non dimostrato e non c’è neppure un cenno alle condizioni precarie dell’aria di Padova».
La sentenza del Tar penalizza i comitati anche sul tema del teleriscaldamento nel progetto: «Si dà come certo, ma la realizzazione però è quanto mai aleatoria. Dipende da una valutazione di fattibilità economica e tecnica, mentre a tutt’oggi non si sa chi debba sobbarcarsene l’onere. Il teleriscaldamento è un fantasma, ma viene esaltato come mezzo per ridurre l’inquinamento».
E poi uno dei temi principi su cui si è basato il ricorso, ossia il pericolo Pfas: «Anche questa è stata liquidata, affermando che i fanghi non contengono Pfas e devono essere smaltiti secondo quanto riportato in un articolo del Testo Unico del 2006, quanto mai generico, quando gli stessi documenti regionali più recenti dimostrano la presenza di Pfas nei fanghi di depurazione».
Il Tar ha condannato i comitati alle spese, che probabilmente condizioneranno l’eventuale impugnazione: «Quella è altrettanto pesante. Quindi valuteremo se proseguire la battaglia legale dopo averne parlato con i nostri avvocati. In ogni caso, continueremo a vigilare». —
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