Murale a Padova con Meloni e Messina Denaro, l’autore: «Censura con la C maiuscola. Nessuna offesa, lo rifarei»
Intervista a Evyrein: «Io perquisito alle 5.45 come fossi un narcotrafficante. Il mio obiettivo era solo quello di far riflettere sulle trattative tra Stato e mafia»
elvira scigliano
Lo street artist Evyrein è nato a Schio ma da molto tempo vive a Padova
Evyrein, nato a Schio ma da molto tempo residente a Padova, ha fatto della provocazione la sua cifra stilistica. Si definisce urban artist, un artista di strada che non cede a compromessi. Negli ultimi anni le sue opere, disseminate in giro per la città, hanno fatto discutere.
Dal Sant’Antonio con la siringa di Pfizer (Saint Anthony, it would take a miracle) realizzato all’Arcella nel mezzo delle proteste no-vax, alla donna erotica in piazza Capitaniato (Only God can judge me), subito cancellata con strascichi di polemica, fino ad un’immagine di Draghi con un sacco di banconote (Whatever it takes).
Non si aspettava una denuncia per vilipendio alle istituzioni. Non se l’aspettava a tal punto da pensare che fosse tutto un equivoco. E che tutto si sarebbe chiarito in una manciata di minuti.
Evyrein, cosa è accaduto?
«Alle 5.45 di mattina, mentre io e la mia compagna stavamo dormendo, ho sentito bussare con forza alla porta di casa. Battevano a mano aperta, facendo un grande rumore. La mia compagna si è spaventata moltissimo. Mi sono affacciato alla finestra e ho visto gli agenti con una telecamera accesa, che riprendeva. Hanno detto “Polizia”. L’atteggiamento mi ha fatto pensare che cercassero droga o armi. Io non ho mai fatto uso di stupefacenti e certo non ho armi. Ho pensato fosse un errore. Nemmeno per un istante ho pensato alla street art. Li ho fatti entrare. E la prima domanda è stata: “Dov’eri il 22 gennaio?”. Ho capito subito. Quella notte avevo realizzato lo stencil della Meloni e di Messina Denaro. Mi hanno chiesto se volevo un avvocato o se mi affidavo ad una persona di fiducia. Ammetto che non sapevo davvero cosa dovevo fare o dire: gli ho dato il nome di un avvocato che conosco, ma non so nemmeno bene di cosa si occupa. Io non ho mai avuto bisogno di un avvocato. Hanno perquisito la mia casa, hanno portato via delle cose».
Pensa sia un caso di censura?
«Con la “C” maiuscola: non si può dire più nulla».
Il suo murales in via Marsala è stato accusato di vilipendio alle istituzioni. Ha raffigurato la presidente del consiglio Giorgia Meloni che stringe la mano al boss della mafia – di recente arrestato – Matteo Messina Denaro. Sopra la scritta “In Bonafede”. Cosa voleva dire?
«Io la parola vilipendio non so nemmeno come si pronuncia. Di base sono un provocatore e dunque sì, è un’opera provocatoria. Ma non riferita alla presidente o al boss come persone. Ho assurto i due personaggi a simboli, la Meloni nell’opera rappresenta lo Stato e il boss la mafia. L’opera è una denuncia delle ingerenze che ci sono state tra Stato e mafia».
E “In Bonafede”?
«È riconducibile al cognome utilizzato dal boss siciliano durante la sua lunga latitanza».
Voleva offendere qualcuno?
«Assolutamente no».
Il suo murales è durato pochissimo, l’ha rimosso lei?
«No. Proprio i poliziotti – che hanno visionato le telecamere – mi hanno riferito che l’hanno preso due ragazzi: era fresco, l’hanno staccato e portato via dopo 22 minuti da quando l’avevo realizzato. Non ho idea del perché. Non ho idea di chi fossero».
È stato denunciato?
«No, non mi risulta. Sempre gli agenti mi hanno riferito che il proprietario del palazzo non ha voluto denunciarmi. Non so chi sia, ma gli sono molto grato. Tuttavia mi hanno spiegato che è stato un atto dovuto perché hanno ricevuto delle segnalazioni».
Chiederebbe scusa alla Meloni?
«Sia chiaro, io non volevo offendere nessuno. Non faccio politica. Volevo strappare un sorriso, un po’ ironico, un poi satirico. Volevo aprire un dibattito, ma non volevo offendere».
Se tornasse indietro, lo rifarebbe?
«Se tornassi al 22 gennaio, si lo rifarei. La street art nasce per dire qualcosa con forza, noi artisti ci mettiamo in gioco, rischiamo. In città ci sono tanti pop-artist ma due soli street artist: io, che voglio provocare e far pensare, e Kenny Random, che lo fa con poesia. E dunque mi prendo dei rischi. Come con Sant’Antonio che sono stato minacciato, perfino di morte. I bambini con i cuori e le ballerine, sono un’altra cosa».
Non pensa che la denuncia – poi archiviata – da Any per imbrattamento sia un precedente?
«Non lo so. Per me è la prima denuncia. Quello che posso dire è che non credo stia cambiando la città, infatti non ci sono denunce da parte di padovani e non c’è un rigetto della street art. Gli artisti sono sempre stati considerati un po’ banditi e chi fa questo mestiere – che per noi è vita – lo mette in preventivo. Per quanto mi riguarda non mollo e domani sono per strada».
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