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Lavoratori clandestini e in nero: sequestrati due capannoni a Piazzola sul Brenta

Sfruttamento e favoreggiamento: indagata una coppia di cinesi titolare delle ditte di confezionamento

cristina genesin
2 minuti di lettura

Uno dei laboratori controllati dai carabinieri in via Grantorto a Presina di Piazzola

 

Blitz dei carabinieri in due capannoni a Piazzola sul Brenta messi sotto sequestro: all’interno c’erano una ventina di clandestini che vivevano e lavoravano oltre ad altri lavoratori regolari “dipendenti in nero”.

Sotto inchiesta è finita una coppia di cinesi quarantenni, ovviamente con i documenti in regola: sono chiamati a rispondere di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina come di intermediazione illecita nonché di sfruttamento di manodopera. L’inchiesta è nelle mani del pubblico ministero padovano Sergio Dini che si è affidato, quanto alla parte operativa e agli accertamenti, ai militari dell’Arma dei carabinieri. Accertamenti che dovranno proseguire per valutare eventuali altri reati. I due immobili, situati rispettivamente in via Grantorto al civico 199 e 38, sono stati messi sotto sequestro a disposizione dell’autorità giudiziaria.

L’indagine dell’Arma

Ad avviare le prime verifiche sono stati i carabinieri dell’aliquota operativa di Cittadella che avevano notato un viavai di cinesi sospetto in zona. Dopo una serie di osservazioni, con il via libera del magistrato, è stato deciso di introdurre delle telecamere in uno dei due capannoni.

È bastato qualche fotogramma per capire che i sospetti avevano fondamento ma nel frattempo una parte dell’attività era stata trasferita nell’altro capannone lontano alcune centinaia di metri mentre la coppia abitava in una casa adiacente a uno dei due immobili artigianali. A quel punto la strategia è stata quella di mettere a punto un’ispezione con una perquisizione.

All’alba del 12 gennaio scorso hanno fatto irruzione nei due capannoni (e nell’abitazione) i carabinieri dell’aliquota cittadellese coadiuvati dai colleghi del Nucleo ispettorato del lavoro, della compagnia di Piazzola e di San Martino con il supporto di altre stazioni oltre alla Polizia municipale di Piazzola gli ispettori dello Spisal di Camposampiero. All’interno delle due strutture sono stati trovati una ventina di clandestini che venivano impiegati come operai oltre ad altri lavoratori in nero, regolari quanto al permesso di soggiorno: in quegli spazi gelidi lavoravano, probabilmente tante (troppe) ore al giorno, e vivevano in condizioni critiche. L’impianto di riscaldamento era spento.

La maggioranza dei lavoratori è risultata di nazionalità cinese, ma tra loro pure alcuni pachistani e bengalesi. Ed è la grossa novità: di regola, infatti, ogni gruppo etnico gestisce i propri connazionali garantendosi un’omertà ancora più forte in quanto appartenenti alla stessa comunità molto coesa. In questo caso la coppia di cinesi ha esteso il controllo a lavoratori stranieri, pur sempre asiatici, accomunati dal rispetto della regola del silenzio.

I punti critici

Nei due stabilimenti avevano sede altrettante ditte che producono capi di abbigliamento, la regina Confezioni e la ditta Huashn Moda. Sono state individuate una serie di carenze dal punto di vista della sicurezza come la mancanza della “sicura” nelle macchine cucitrici, la presenza della bombola gpl nella cucina utilizzata anche come “mensa aziendale” e trovata in uno stato igienico precario e insufficiente, non funzionanti sono risultate le porte anti-panico obbligatorie per legge nelle aziende. 

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