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Persi 150 allevamenti in tre anni nel Padovano: «Vicini al tracollo, serve liquidità»

Negli ultimi tre anni, dal 2019 al 2022, in provincia hanno chiuso i battenti 150 allevamenti di vacche da latte a causa dei maggiori costi di produzione

Silvia Bergamin
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Maurizio Antonini, direttore di Cia Padova 

Covid e bollette triplicate mettono ko gli allevamenti, soprattutto nell’Alta padovana: dal 2019 hanno chiuso 150 realtà. Il dato drammatico è stato diffuso dalla Cia di Padova mentre inizia la “Fiera Franca” di Cittadella, evento di riferimento per la tradizione agraria. Non si è ancora toccato il fondo: «Alle aziende agricole serve liquidità immediata, altrimenti il numero delle chiusure sarà destinato ad aumentare», sottolinea l’associazione di categoria.

Negli ultimi tre anni, dal 2019 al 2022, in provincia hanno chiuso i battenti 150 allevamenti di vacche da latte a causa dei maggiori costi di produzione. La Cia è partita dai dati della Camera di Commercio: oggi gli allevamenti padovani certificati sono poco più di 2.500, per complessivi 145 mila capi. Nell’Alta, è Gazzo il Comune con il maggior numero di allevamenti: 73, per complessivi 3.953 capi. A seguire San Pietro in Gu – 60 allevamenti, 4.133 capi – e Piazzola sul Brenta, 47 allevamenti, 1.266 capi. Il fatturato annuo, a livello provinciale, supera gli 80 milioni di euro. In pratica, un allevamento su dieci ha cessato l’attività: in particolare, gli allevamenti scontano i rincari dell’energia, i cui costi sono triplicati nell’ultimo anno.

Le contromisure non bastano: lo scorso luglio era stato raggiunto un accordo con Italatte, società del gruppo Lactalis, per l’acquisto del latte da parte dei grandi distributori. Stando al protocollo d’intesa, che vale in tutta Italia, ad ottobre 2022 un litro di latte viene pagato 57 centesimi al litro all’allevatore, a novembre 58 centesimi al litro, mentre a dicembre 60 centesimi al litro. «Valori che non coprono neanche lontanamente i costi di produzione», sottolinea il direttore di Cia Padova, Maurizio Antonini. «Adesso per produrre un litro di latte servono almeno 60 centesimi: con questi prezzi gli allevatori sono costretti a lavorare in perdita».

Per far fronte alla situazione emergenziale, gli allevamenti, padovani e veneti, hanno ridotto di quasi il 2% la produzione di latte, nonostante la domanda di mercato sia addirittura aumentata, grazie alla forte ripartenza di bar, ristoranti e strutture ricettive in genere. «Pur adottando questa misura, non tutte le attività sono state in grado di rimanere in piedi», aggiunge Antonini. «Le nostre imprese hanno bisogno di liquidità immediata, altrimenti si rischia il tracollo». Cia ha avanzato diverse proposte, su tutte l’attivazione di prestiti agevolati o di indennizzi diretti alle aziende più in difficoltà. Silvia Bergamin

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