Elezioni, Massimo Carraro: «Non cambierà nulla se restiamo ancorati all’Europa. Ma il Pd ha sbagliato tutto»
L’imprenditore padovano patron della Morellato: «L’unico rischio che vedo è quello sui diritti civili»
Claudio Malfitano
«Il verdetto delle urne è stato chiaro. E tutti insieme auguriamoci che il nuovo governo faccia il bene dell’Italia. Io tendo a pensare che da un punto di vista economico non cambierà molto». A Massimo Carraro, imprenditore a capo del gruppo “Morellato”, non manca l’esperienza politica. È stato europarlamentare dal 1999 al 2004 e poi candidato del centrosinistra alla Regione Veneto nel 2005 contro Giancarlo Galan. Ma è un’esperienza messa alle spalle per concentrarsi su un’azienda da quasi 200 milioni di euro di fatturato, con sedi operative a Hong Kong, Dubai e Lione. La lettura del voto dunque alterna lo sguardo economico a quello politico, tra prudenza, ottimismo e alcuni necessari punti fermi.
Massimo Carraro, come cambierà l’Italia con il governo di centrodestra?
«Non mi aspetto grandi cambiamenti dal punto di vista economico. Il nuovo governo prenderà le misure che ritiene in termini di reddito di cittadinanza, pensioni e altri temi. Ma l’importante è tenere fermo l’ancoraggio all’Europa».
Ha qualche timore?
«Il nostro Paese ha due grandi ancore dal punto di vista internazionale: l’Unione Europea e gli Stati Uniti. Sono ancore politiche ed economiche. Non possono essere messe in discussione. È lecito attendersi che sarà così».
C’è il rischio di perdere rilevanza a livello internazionale?
«Da un punto di vista macroeconomico non penso ci possano essere grandi impatti. Ne avrebbe di più una situazione di conflitto con l’Ue, perché la Bce ha comprato buona parte del nostro debito pubblico e poi c’è il Pnrr».
In campagna elettorale si è parlato proprio di rivedere il Pnrr
«Credo che nessuno avrà voglia di mettere in discussione le risorse ottenute dall’Europa. Magari qualche piccolo aggiustamento ci potrà essere ma l’impianto difficilmente può essere cambiato».
Ritiene giustificato questo allarme che si sente all’estero sui post-fascisti al governo in Italia?
«Io tutto questo allarme all’estero non l’ho colto perché penso che in Europa tutti siano pronti a continuare a considerare l’Italia come un partner affidabile. Ci sono stati dei titoli di giornale, ma restano appunto titoli di giornale. Piuttosto penso ci possa essere qualche rischio in più dal punto di vista dei diritti civili».
Teme un arretramento dell’Italia su posizioni “orbaniane”?
«In Europa sui diritti civili c’è un consenso comune ormai consolidato. Su parità di genere, libertà di orientamento sessuale, diritto all’aborto, integrazione dei migranti. Certo ogni Paese ha le sue politiche, ma l’Europa si fonda anche su valori comuni. Io mi auguro che il nuovo governo sia sensibile a tenere ancorata l’Italia non solo alla politica economica comune ma anche a quei valori comuni che sono fondanti per l’Unione».
In Veneto però sembra profilarsi un cambiamento epocale: la Lega viene doppiata da Fratelli d’Italia. Cosa è successo in questi anni?
«Nulla. Penso sia stato il trend politico nazionale a trascinare FdI con Meloni che era data come vincitrice annunciata. Dall’altra parte la divisione interna alla Lega, resa esplicita dalle liste elettorali in Veneto, non ha aiutato la Lega a ottenere il miglior risultato possibile. Non canterei il “de profundis” della Lega in Veneto. Sicuramente ha registrato una sconfitta ma resta un partito profondamente radicato e che interpreta aree importanti della cultura veneta e ha anche validi amministratori».
Non è un paradosso che la regione più autonomista abbia votato in massa un partito che nasce come centralista?
«La politica è piena di paradossi. Gliene faccio notare un altro. Tutti i sondaggi dicevano che i veneti volevano Draghi ed erano profondamente delusi per la caduta del governo. Però poi hanno votato in massa l’unico partito che ha sempre fatto opposizione a Draghi. La politica è così, questo non deve dare luogo a giudizi un po’ moralistici».
E il Pd perché secondo lei perché raccoglie un risultato inferiore alle attese?
«Per dirla con una battuta: il Pd ha sbagliato tutto quello che poteva sbagliare. Adesso può solo fare meglio».
Padova però resta una sorta di “fortino rosso” del Nordest. Come è possibile?
«Questo meriterebbe un’analisi approfondita. Mi limito a restare sul tono della risposta precedente: forse a Padova il Pd ha sbagliato un po’ meno».
Questione di matematica?
«Mi riferisco proprio all’esperienza delle ultime comunali quando si sono cercate le alleanze anziché rifiutarle».
Non c’è stato anche un effetto trascinamento di una persona concreta come Giordani?
«Non chiamerei in causa sempre Giordani come persona. Anche perché non rappresenta il Pd, si è sempre caratterizzato come un civico. Ma attorno a Giordani le forze politiche del centrosinistra hanno saputo trovare l’unità. Si tende sempre a personalizzare. Non è un problema di singola persona. Semplicemente, si è riusciti a realizzare delle politiche non divisive. E questo conta». —
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