Va all’asta il centro Saturno, eredità del caso Monselice Uno
L’immobile di 3 piani al grezzo, in via Vittorio Veneto, è di proprietà del Comune. Faceva parte delle opere di compensazione della società che nel 2015 è fallita
Giada Zandonà
Un altro passo in avanti per chiudere la vicenda di “Monselice Uno”: il Comune mette all’asta nel mese di novembre lo stabile del centro direzionale “Saturno” per un importo di 575 mila euro.
QUASI 2 MILA METRI QUADRI
In via Vittorio Veneto, affacciato sulla strada regionale 10, c’è un edificio di 1.956 metri quadrati, finestrato con una torretta a mezza luna e che non è mai stato utilizzato. Si tratta dell’eredità dell’operazione commerciale cominciata nel 2003 con l’approvazione del piano di lottizzazione dell’area da parte del consiglio comunale, in cui la società “Monselice Uno” si impegnava a realizzare a proprie spese, come opera di compensazione, un edificio di tre piani con relative pertinenze e spazi interrati, conferendo la proprietà del valore di 700 mila euro gratuitamente al Comune. Una vicenda controversa che ha causato debiti sulle rate degli oneri di urbanizzazione e vari stop del cantiere, sino all’epilogo del 2014, quando è stato dichiarato il fallimento della compagnia assicurativa con cui era stata costituita la polizza fideiussoria. A gennaio 2015 il Tribunale di Rovigo aveva decretato il fallimento di “Monselice Uno srl”. Un danno erariale verso il Comune da 1 milione di euro, e a cui si somma la consegna di un immobile al grezzo: da qui appunto la scelta dell’amministrazione di Giorgia Bedin di alienarlo.
L’ASTA A NOVEMBRE
Giovedì 10 novembre alle 15 negli spazi di Palazzo Tortorini ci sarà l’asta pubblica dell’edificio che comprende due uffici realizzati al grezzo, al primo e al secondo piano del centro direzionale “Saturno”, coi relativi posti auto nel piano interrato della struttura. «Si tratta di un immobile che avrebbe bisogno di una corposa ristrutturazione, dato lo stato in cui versa» spiega la sindaca Giorgia Bedin «Il Comune non sarebbe riuscito a farsi carico dell’impegno economico, data anche la mancanza di una destinazione d’uso. È comunque uno stabile che costituisce un valore e da tempo avevamo deciso di metterlo all’asta, che abbiamo formalizzato nei giorni scorsi», conclude la prima cittadina.
Il consigliere comunale Francesco Miazzi vuole però sottolineare alcuni aspetti della vicenda: «Si tratta di un intervento caratterizzato all’epoca da fitti rapporti tra società e amministratori, che ha messo in luce comportamenti poco trasparenti e che è costato migliaia di soldi pubblici per avvocati e consulenze» spiega Miazzi «Passaggi che avevamo pesantemente contestato e che oggi trovano un’implicita conferma nell’importo con cui viene messo all’asta lo stabile. Molti degli attuali amministratori erano presenti all’epoca di questi passaggi, e dovrebbero chiedere pubblicamente scusa per il fallimento di un’operazione costata consumo di suolo, centinaia di migliaia di euro e anni di degrado alla collettività».
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