Inchiesta sul concorso in Comune a Padova: per il pm non c’è stata corruzione
Chiesta una condanna a 8 mesi per Nichele e Greco, accusati di abuso d’ufficio e falsità ideologica
Alice Ferretti
Assoluzione per quel che riguarda la corruzione e una condanna di 8 mesi a testa per i reati di abuso d’ufficio in concorso, falsità ideologica e rivelazione dei segreti d’ufficio continuata in concorso.
Sono le richieste che ieri mattina ha avanzato il pubblico ministero Sergio Dini di fronte al gup padovano Claudio Marassi nei confronti di Emanuele Nichele, 48anni di Cittadella, ex dirigente tecnico del settore Lavori pubblici del Comune di Padova e dal dicembre 2020 dirigente a tempo determinato del terzo settore Tecnico del Comune di Cittadella (in cui lo stesso ha lavorato per anni con molti poteri dirigenziali), e di Antonio Greco, avvocato di 45 anni, padovano, professore a contratto di Diritto amministrativo dell’Università di Padova e consulente legale del sindaco di Cittadella Luca Pierobon.
Il primo è difeso dagli avvocati Marina Infantolino e Gianni Morrone di Padova, il secondo dai legali Giulia Bongiorno di Roma (ex ministro del Governo Conte e avvocato di Giulio Andreotti) e Nicola Properzi di Padova.
IL CASO
Al centro dell’inchiesta, partita da due esposti, uno anonimo e uno da parte dell’Anac (Autorità Nazionale Anticorruzione), c’è il concorso dell’agosto 2019 che ha assegnato un posto da dirigente tecnico ai Lavori pubblici del Comune di Padova dal compenso annuo di 88.428,86 euro lordi, 51.355,17 netti. Trentasei i candidati ammessi allo scritto, tre agli orali. Alla fine vince il concorso Nichele.
Nella commissione chiamata a esaminare i candidati c’è l’avvocato Antonio Greco, che “dimentica” di segnalare che tra lui e un candidato, proprio Nichele, c’è un rapporto di lungo termine di tipo professionale e amicale.
Da qui la prima accusa, quella di concorso in abuso d’ufficio. Greco avrebbe secondo l’accusa procurato un vantaggio a Nichele.
Non solo. Greco ha attestato con un’autocertificazione di non trovarsi in alcuna situazione di incompatibilità in relazione ai concorrenti (da qui la falsità ideologica). Eppure per la Procura il legame tra i due esiste e almeno dal 2009, quando Nichele è dirigente del settore Lavori pubblici del Comune di Tezze sul Brenta. Prosegue poi sicuramente nel 2016 quando il dirigente ricopre lo stesso incarico a Cittadella. Proprio in virtù di questa posizione Nichele conferisce a Greco incarichi professionali per almeno 300 mila euro. L’attestazione mendace sarebbe del 24 gennaio 2019.
Per quanto riguarda la rivelazione dei segreti d’ufficio la Procura tira in ballo un possibile “aiutino” girato da Greco al candidato Nichele. Al concorrente, infatti, il commissario avrebbe rivelato notizie in merito al concorso che dovevano rimanere segrete: in particolare a Nichele sarebbero stati anticipati gli argomenti delle prove scritte e pure quelli della successiva prova orale del 24 giugno.
LA CORRUZIONE
Il reato si riferisce a quando, ad aprile 2019, Nichele affida un incarico a Greco per 2.918 euro. Un «incarico professionale per attività legale di supporto ai funzionari dell’ufficio tecnico comunale nella rendicontazione dell’intervento per la riduzione dei consumi energetici». Ma secondo il pm Dini questa non sarebbe altro che l’ennesima conferma dello stretto rapporto professionale e amicale tra i due. Non si tratterebbe di corruzione ma questo fatto andrebbe piuttosto ad integrare il reato d’abuso d’ufficio.
Ora si va al prossimo 5 ottobre, quando in aula discuteranno le difese di Nichele e Greco
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