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Evasione fiscale, annullata super multa al pizzaiolo di Borgoricco: scatta la richiesta di risarcimento

La Cassazione conferma il calcolo scorretto delle Entrate ai danni dei fratelli Furlan, basato sulla quantità di farina utilizzata

FRANCESCO ZUANON
Aggiornato alle 2 minuti di lettura

Mauro Furlan ed il fratello Massimo non hanno evaso le tasse sui redditi del 2007. A quasi nove anni dall’accertamento-monstre di oltre 600.000 euro di redditi non dichiarati, e dopo sette anni dalla sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Venezia che aveva annullato lo stesso accertamento, la Corte Suprema di Cassazione ha confermato l’annullamento, rigettando il ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate, direzione provinciale di Padova. «Ed ora chiederemo il risarcimento dei danni, che sarà milionario, nei confronti dei funzionari dell’Agenzia delle Entrate», annuncia l’avvocato Federico Veneri che ha tutelato in questi anni i fratelli Furlan, titolari dei locali “Il Pioniere” a Borgoricco e “Kalispera” a Dolo.

LA VICENDA HA INIZIO NEL 2013

La vicenda era iniziata nel 2013 in seguito agli avvisi di accertamento relativi ad Irpef, Irap e Iva per l’anno 2007, da parte di tre funzionari dell’Agenzia che avevano contestato a Mauro e Massimo Furlan, e alla loro società “Le Monde”, maggiori redditi per 600.000 euro rispetto a quanto dichiarato. Mauro Furlan aveva cercato in ogni modo di spiegare che i criteri di calcolo adottati dagli accertatori del Fisco erano palesemente errati ma non c’era stato nulla da fare ed il verbale era stato firmato. «Secondo le loro presunzioni di reddito, avrei prodotto e venduto circa 100 pizze al giorno in più nel corso dell’anno; un numero fuori dalla realtà derivato dal conteggio delle pizze calcolato partendo dalle fatture di acquisto della farina e dal peso di ogni pallina di pasta per la pizza. Avevo spiegato che, al limite, sarebbe stata la mozzarella ad essere più indicativa perché la farina viene utilizzata per altri numerosi nostri prodotti, dai dolci alle focacce, dal pane alle bruschette fino alle schiacciate, ma niente, i funzionari erano stati inflessibili», ricordava allora il titolare del Pioniere.

FATALI LE PALLINE DI PIZZA

Le palline di pizza, in sostanza, gli sarebbero costate un mega accertamento per cui l‘imprenditore di San Giorgio delle Pertiche decise di reagire a quella che per lui era una enorme ingiustizia. Da lì i ricorsi alla Commissione Tributaria Provinciale di Padova con un primo parziale positivo e poi alla Commissione Tributaria Regionale, che annullò gli accertamenti sentenziando, tra le altre osservazioni, «che la quantificazione del numero di panetti e quindi di pizze sia stata frutto di dati incerti ed incompleti e quindi da giudicare illegittima» e aggiungendo che «le approssimazioni e gli errori presenti nell’accertamento non permettono in alcun modo di individuare parametri oggettivi». Contro tale sentenza l’Agenzia delle Entrate, difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, aveva presentato ricorso in Cassazione, rigettato dalla Corte il 21 giugno scorso con sentenza depositata in cancelleria martedì 20 settembre, con spese legali a carico della stessa Agenzia. «Abbiamo scelto una strategia nuova, ossia quella di mettere sotto accertamento gli stessi accertatori che dovranno rispondere, anche direttamente, di loro eventuali errori. La sentenza della Cassazione ha dunque messo la parola fine alla vicenda, ritenendo assai discutibile l’operato svolto dagli accertatori e criticandone il metodo usato nell’accertamento».

AMARA CONCLUSIONE

«L’azione giudiziaria ha acclarato errori e responsabilità degli accertatori del Fisco. Personalmente» conclude l’avvocato Veneri che ha difeso i fratelli Furlan «ho potuto già constatare che, a seguito della nostra iniziativa, coinvolgente la diretta responsabilità del funzionari del Fisco, si sta instaurando un rapporto civile, rispettoso e di collaborazione, come dev’essere tra l’imprenditore e l’Agenzia dell’Entrate e non più un rapporto tra perseguitato e persecutore, dove il persecutore ha, fino ad ora, avuto sempre ed in ogni caso ragione». 

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