Padova, inchiesta sulla sanità al Due Palazzi dopo l’esposto di quaranta detenuti. Rimpallo di responsabilità
«Cure in ritardo, patologie gestite superficialmente e morti che potevano essere evitate»: è la denuncia dei carcerati. Il monitoraggio dell’Osservatorio per la Salute
Alice Ferretti
PADOVA. «Celeri e approfondite indagini» sul sistema sanitario all’interno della casa di reclusione Due Palazzi. È quanto i detenuti del terzo blocco lato B, chiedono in un esposto arrivato dritto dritto alla Procura della Repubblica di Padova. I firmatari sono quaranta reclusi che pretendono chiarezza su un tema che sembra molto ostico all’interno del sistema carcerario.
Un esposto che non è caduto nel nulla. La Procura ha aperto un’indagine per vederci chiaro su quanto succederebbe dietro alle sbarre della casa di reclusione, per capire se realmente ci siano dei problemi dovuti a ritardi di cure, visite, diagnosi, come sostengono i detenuti. Se effettivamente esista questa noncuranza della salute di chi è in carcere, tanto che alcune situazioni, dicono sempre i detenuti, si sarebbero aggravate a tal punto da portare alla morte come esito finale. Il pubblico ministero che si sta occupando dell’inchiesta ha aperto un fascicolo, per ora senza alcuna ipotesi di reato e dunque senza indagati. Tecnicamente si tratta di un “modello 45” che consente di svolgere una serie di accertamenti.
LA PUNTA DELL’ICEBERG
«In data 23 novembre 2021 alle ore 23 circa è venuto a mancare il nostro compagno Ayari Hassen affetto da gravi patologie quali diabete mellito, cardiopatia ischemica cronica e altre correlate alle due di cui sopra, quindi assolutamente incompatibile con il regime carcerario», scrivono i detenuti nell’esposto.
«Lo stesso, presumibilmente colpito da infarto, non ha avuto la forza e la possibilità di chiedere aiuto, di premere il pulsante di emergenza. Il signor Hassen era da solo in stanza, senza piantone come nel caso de quo previsto per legge».
La morte del detenuto di origini tunisine di appena 45 anni, sarebbe stata la goccia che ha fatto traboccare un vaso già colmo. È a questo punto che i detenuti si sono mossi. Prima si sono arrabbiati, poi indignati. Hanno parlato tra di loro, si sono messi insieme e in quaranta hanno firmato l’esposto giunto in Procura.
LE DENUNCE A MAGISTRATI E GARANTE
Eppure di lettere, sia di persone recluse al Due Palazzi, che di parenti delle stesse, pare ne arrivino continuamente ai magistrati di sorveglianza e al garante dei diritti della persona. Missive che parlano di come al Due Palazzi stare male sia peggio di un incubo.
La prima questione che viene toccata è il fatto che spesso in carcere ci sono persone che hanno patologie che dovrebbero essere incompatibili con il regime carcerario. Ma non solo. I detenuti lamentano il fatto che troppo spesso le cure arrivino in ritardo, i problemi di salute vengano sottovalutati, le visite vengano fissate a distanza di mesi.
E non è facile, sostengono, non poter fare niente, essere costretti ad accettare che qualcuno si occupi in modo “superficiale” di problemi di salute anche gravi, che li riguardano in prima persona. In fondo la civiltà di un Paese si vede anche da come questo tratta i suoi detenuti.
LA LETTERA AL GIORNALE
Un paio di giorni fa è arrivata la lettera alla direzione del nostro giornale, nella stessa busta con la copia dell’esposto. A parlare sono ancora una volta i carcerati. La volontà far emergere un problema, quello della salute dietro alle sbarre, che avrebbe già una «lista delle prossime vittime».
Ci sarebbe un 63enne giunto da sei mesi al Due Palazzi per cui «il lassismo sanitario potrebbe aver causato un tumore prostatico», un 50enne con serie patologie che «lamentava quotidianamente problemi di salute e che il sistema sanitario credeva fossero dovuti a un colpo d’aria», e invece: «si trattava di un’emorragia interna. Ricoverato d’urgenza è stato salvato per miracolo».
Un altro 60enne con «numerose patologie tra le quali il diabete mellito di tipo 2», sarebbe stato sottoposto a visita diabetologica «solo dopo circa sei mesi dal suo ingresso in carcere, tenuto per tutto il tempo con valori glicemici elevatissimi che gli stanno provocando problemi al sistema nervoso centrale». Sono solo alcuni esempi che i detenuti elencano fornendo nome e cognome dei compagni che, a loro avviso, corrono dei rischi dal punto di vista della salute. «Tutti nelle mani dello Stato e nessuno si chiede per quale ragione il sistema sanitario non riesca a salvar e loro la vita».
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Mazzeo: «La responsabilità è del Servizio Sanitario». Palma: «No, è a metà»
Il direttore del due palazzi e il garante nazionale dei diritti alla persona
Il direttore del carcere Due Palazzi Claudio Mazzeo
“Fondamentale diritto dell’individuo”. Così la Costituzione definisce la salute. Ma in carcere è davvero così? E soprattutto chi è il responsabile della salute dei detenuti? Il tema è scivoloso e largamente dibattuto.
«Un tempo l’assistenza sanitaria in carcere dipendeva dal Ministero della Giustizia, adesso se ne occupa il Servizio Sanitario Nazionale e quindi le Usl di competenza», dice il direttore del Due Palazzi Claudio Mazzeo, che ovviamente è a conoscenza delle proteste dei detenuti. «So che alcuni si lamentano dei servizi sanitari, ma non si rivolgono certo a me, quanto piuttosto ai magistrati di sorveglianza o al garante dei diritti della persona», sottolinea Mazzeo. «Bisogna poi capire quanto ci sia di vero in quello che dicono. Il Due Palazzi ha un servizio di infermieristico ventiquattro ore su ventiquattro e un presidio medico interno».
Una visione diversa è quella del garante nazionale dei diritti della persona Mauro Palma: «Se detengo una persona la salute della persona è sempre in capo a me che la detengo», spiega il garante riferendosi a quello che sarebbe quindi un dovere del direttore dell’istituto di pena. «Diversa è la questione dei servizi sanitari che sono a carico del Servizio Sanitario Nazionale. Purtroppo si incappa in questo giochino, in cui la direzione dice che se ne deve occupare il servizio sanitario, e le Usl dicono che le direzioni non trasmettono gli atti. È evidentemente un sistema che andrebbe interrotto, dove la responsabilità è metà dell’uno e metà dell’altro».
Non solo: «L’Usl e i servizi territoriali devono prevedere servizi alla salute dei detenuti che siano congrui al fatto che la popolazione detenuta ha un maggiore rischio sanitario: spesso si tratta di ex tossicodipendenti, persone che hanno vissuto in strada o comunque in realtà molto ai margini».
Se è vero che la salute è un diritto di tutti è anche vero, sostiene il garante, che quella di chi vive dietro alle sbarre è spesso più precaria. «Il fatto che ci deve essere un “equivalence of care” (equivalenza delle cure) non vuol dire che dev’essere uguale per tutti. Quella carceraria è una popolazione più debole dal punto di vista sanitario, che non ha ad esempio la possibilità di rivolgersi alla sanità privata».
Diverso è il discorso dell’incompatibilità con il regime detentivo, di cui tra le altre cose i detenuti del Due Palazzi hanno parlato nel loro esposto: «L’incompatibilità con il regime detentivo la stabilisce il magistrato di sorveglianza. Tante volte i detenuti sulla base di proprie perizie dicono di essere incompatibili ma la decisione spetta al magistrato, né all’Usl né al direttore».
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Osservatorio per la Salute: «È un passo avanti ma da solo non basta»
«La sanità in carcere è uno degli aspetti di maggior problematicità», spiega l’avvocato Leonardo Arnau
A sinistra Ornella Favero, a destra Leonardo Arnau
Si chiama Osservatorio Permanente Interistituzionale per la Salute in Carcere ed è un organismo collegiale chiamato a svolgere un monitoraggio costante sul funzionamento dei servizi sanitari preposti alla salute delle persone ristrette negli istituti penitenziari del Veneto e sull’adeguatezza delle azioni programmatiche in tema di sanità penitenziaria, previste dalla Regione Veneto e dalle aziende sanitarie.
Il prossimo incontro dell’osservatorio è previsto per il 25 agosto e anche questa volta è probabile emergeranno le criticità portate a galla dai detenuti. «La sanità in carcere è uno degli aspetti di maggior problematicità», spiega l’avvocato Leonardo Arnau, che è stato anche il legale di Ayari Hassen, il 45enne tunisino morto in carcere il cui caso è stato fatto emergere come esempio di cattiva gestione sanitaria nell’esposto dei compagni detenuti. «Purtroppo non è nulla di nuovo. Dire che non ci sia attenzione è spingersi forse troppo, certo è che non possiamo perdere il senso dell’umanità. Questo osservatorio per la salute in carcere è sicuramente un passo in questa direzione».
Rappresentante degli avvocati nel tavolo istituito dalla Regione è l’avvocato padovano Anna Maria Alborghetti. «Abbiamo passato due anni a doverci occupare solo di Covid e le patologie sono passate in secondo piano. Questo è successo in modo amplificato anche in carcere», spiega l’avvocato Alborghetti. «Il grosso problema dei tagli sulla sanità si presenta anche per i detenuti. Mancano medici e purtroppo manca anche personale penitenziario. Se ad esempio un detenuto deve fare un esame ma manca la scorta perché gli agenti sono impegnati in altre attività, non va a fare l’esame, con tutto quello che comporta. Questo è un tema reale che si ha presente e su cui si cerca di porre rimedio. Certo non è facile».
Di certo al Due Palazzi di tutto questo se ne parla. Il malessere dei detenuti è arrivato anche a chi lavora all’interno della casa di reclusione come Ornella Favero, direttrice della rivista Ristretti Orizzonti.
«Questo è uno dei motivi di maggior malcontento al Due Palazzi. Detenuti e famiglie continuano a mandare lettere ai magistrati di sorveglianza che si stanno interessando della questione», dice Favero.
«Non so se dipenda da una carenza di personale o da una sottovalutazione del fatto che una persona in carcere ha più bisogno di un cittadino, ma la situazione è peggiorata negli ultimi tempi. È evidente che qualcosa non funziona e Padova ha messo in luce questo malfunzionamento». —
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