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Rizzuto e gli 800 anni del Bo. «Umiltà e confronto senza pregiudizi. L’appello ai giovani che fa bene a tutti»

Rosario Rizzuto in Aula Magna da ex rettore: «Ora l’asticella è alta, ma se ci credi non ci sono limiti al miglioramento». Sulle protagoniste: «Abbiamo cercato ruoli importanti e rappresentativi e finalmente ci abbiamo trovato delle donne»

Simonetta Zanetti
3 minuti di lettura
L’ex rettore Rosario Rizzuto all’inaugurazione dell’800esimo anno accademico 

PAFOVA. Rosario Rizzuto ha corso l’ultimo miglio nella staffetta di avvicinamento agli ottocento anni dell’Università da rettore, passando il testimone a Daniela Mapelli proprio quando il traguardo si stagliava ormai, nitido, all’orizzonte. Giovedì, quindi, ha assistito alla cerimonia in aula Magna tra gli “ex”.

Professore, come le è sembrata la cerimonia?

«Bellissima, emozionante. Si respirava aria di orgoglio e di festa. Mi sono piaciuti tutti gli interventi: quello della rettrice, della presidente del parlamento europeo e del Presidente della Repubblica, con quell’aria sempre molto garbata e la capacità incredibile di andare a braccio. È stata una cerimonia che ha onorato nel modo giusto una ricorrenza straordinaria, dicendo che il futuro si costruisce guardando avanti orgogliosi del nostro passato e riflettendo su cosa vogliamo essere e in quale modo vogliamo continuare a restare nelle istituzioni. Mi ha fatto inoltre particolarmente piacere che la presidente del parlamento europeo Metsola abbia riconosciuto il nostro modo di essere, ponendoci come punto di orgoglio per le istituzioni europee».

Che effetto le ha fatto essere tra il pubblico dopo che negli anni scorsi è stato protagonista dell’organizzazione?

«Mi ha fatto molto piacere, in realtà. Stimo molto Daniela Mapelli e il fatto che l’università in cui si è laureata la prima donna al mondo abbia visto la sua prima rettrice celebrare la cerimonia per gli 800 anni di storia mi è sembrato avere un valore altamente simbolico. Per quanto mi riguarda, quando fai il rettore sai che scrivi un pezzo importante della storia del tuo ateneo, ma è comunque un tempo limitato e il tuo compito è di fare bene la tua parte per far crescere l’università e passare il testimone a chi verrà dopo. In questo non può esserci vanità perché i protagonisti non siamo noi, ma l’università. Noi passiamo le nostre idee, diamo la nostra pennellata, ma nel quadro c’è molto altro. Se siamo quello che siamo oggi è perché ognuno ha dato il suo contributo».

Il presidente Mattarella ha rivolto un appello agli studenti a essere umili e coltivare il senso critico, cosa ne pensa?

«Concordo alla lettera. La scienza è un ancoraggio forte, è passione per l’avanzamento della conoscenza, è mettersi in dubbio laddove dubitare non significa contestare tutto ma continuare a guardare sempre 2-3 metri avanti. Vivere pensando critico presuppone umiltà. Ed è importante per i giovani e per il mondo universitario, ma vale per tutti: dovremmo imparare a metterci in dubbio, a non voler convincere e infondere la nostra verità, ma confrontarci con pensiero umile senza pregiudizi. Il fatto che queste parole siano state pronunciate nell’aula dedicata a Galileo è particolarmente significativo. È bello che abbia fatto questo appello ai giovani ma se risuonasse un po’ per tutti non sarebbe male».

A proposito di giovani, ha avuto un certo impatto il discorso della rappresentante degli studenti Emma Ruzzon. C’è chi l’ha considerato eccessivamente duro e in qualche modo ingrato, lei cosa ne pensa?

«Con i nostri studenti ho sempre un gran bel rapporto, cerco sempre il confronto. Loro hanno aspettative, sono arrabbiati, hanno un’età che a volte comporta essere assolutisti: vuoi il mondo migliore possibilmente nel tempo minore possibile. Forse avrebbe potuto inserire aspettative e arrabbiatura in una visione un po’ più ampia. Era la celebrazione di una storia di libertà e scienza di cui lei è orgogliosamente parte, questo io lo so. I nostri studenti hanno sempre aspettative e recriminazioni e mi piace che siano critici: il suo giudizio era di sistema, rivolto più alla società che all’Università; la sua è la preoccupazione, la rabbia per un futuro incerto di una generazione che si vede trascurata. Forse, visto che era un momento celebrativo, loro e nostro, io avrei speso qualche parola in più sulle questioni positive. Diciamo che se quel discorso fosse stato un po’ più equilibrato sarebbe venuto meglio: voleva fare colpo e ha perso l’opportunità di essere più incisiva. Del resto non è un momento facile: se qualche anno fa ci avessero detto che ci attendevano una pandemia e una guerra, l’avremmo ritenuto impossibile. Io so che i nostri studenti sono affezionati alla loro università e orgogliosi».

Mattarella ha posto la questione di genere osservando compiaciuto una predominanza di donne tra gli interventi: Università testimone di un cambiamento?

«Questa è la rappresentazione del fatto che finalmente le donne hanno realmente ruoli importanti. All’inaugurazione dell’anno accademico c’erano donne con compiti istituzionali, questo significa che non siamo andati a cercarle per dimostrare qualcosa, ma che tra figure di primo piano – dalla rettrice alla presidente del Senato e del parlamento europeo – abbiamo trovato donne che, tra l’altro, quando assumono ruoli di responsabilità fanno molto bene. C’era la Metsola perché in questo momento era la persona ideale da invitare volendo parlare di Europa, di università libera che crede nella trasversalità del sapere, ma se ci si fosse rivolti alla commissione europea c’era comunque una donna: occupano un numero sempre maggiore di ruoli di primo piano ed è un segnale straordinario. Non conoscevo la Metsola e mi ha molto impressionato per contenuti e modi».

Dopo le celebrazioni per gli 800 anni, l’asticella si alza necessariamente. Quali sfide restano ancora?

«Si può sempre fare meglio, basti pensare ai dipartimenti di eccellenza: siamo partiti con 27 e si pensava che a quel punto potesse solo andare peggio e invece è andata meglio. Se ci credi veramente puoi non sono tenere la posizione ma andare oltre: pensiamo ai risultati raggiunti con le 2.400 matricole internazionali. Certo ora il benchmark è molto alto ma sono ottimista nella capacità di questa Università di essere libera, di vivere allegramente la città e formare giovani che si divertono. È un momento felice».

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