Concorso in estorsione, chiesto il giudizio per il notaio Maculan di Saonara
La procura: c’è l’aggravante del metodo mafioso. Tutto nasce dall’indagine sul clan della ’ndrangheta Bolognino
Cristina Genesin
L’impresario Mario Borella che ha denunciato il professionista, già candidato sindaco a Camponogara
SAONARA. L’inchiesta “madre” sul clan Bolognino, legato alla cosca Grande Aracri, ha partorito un altro procedimento penale. E stavolta rischia il processo un notaio padovano, Gianluigi Maculan, 46enne con residenza e studio a Saonara.
A chiedere il rinvio a giudizio è stato il pm Paola Tonini della Dda di Venezia (Direzione distrettuale antimafia), già titolare dell’inchiesta che ha dato origine a più filoni sulle infiltrazioni della ’ndrangheta calabrese nel tessuto economico locale. Concorso in estorsione con l’aggravante dell’utilizzo del metodo mafioso il reato contestato: l’udienza preliminare, prevista ieri, è slittata al 27 giugno davanti al gup Beatrice Alcaro (applicata da Padova a Venezia). A difendere il professionista la penalista Anna Desiderio; si costituirà parte civile la vittima (presunta, finché non c’è una sentenza) l’impresario edile ed ex candidato sindaco a Camponogara con la lista “Prima il Veneto” Mario Borella, 73 anni tutelato dall’avvocato Emanuele Compagno.
È il 12 marzo 2019 quando l’impresario Daniele Biasion è arrestato con Antonio Genesio Mangone nell’ambito dell’operazione destinata a scoprire il “sistema Bolognino” che divora le piccole imprese in difficoltà trasformandole in fabbriche per le fatture false. Quello stesso giorno viene perquisita l’abitazione di Mario Borella indagato per riciclaggio in seguito al ritrovamento di documenti che riguardano operazioni anche in Romania.
Rientrato a casa (era a Genova al funerale della sorella), si presenta negli uffici della Guardia di Finanza di Mirano e denuncia l’ex amico e collaboratore Biasion con Mangone (l’accusa a suo carico sarà archiviata). E racconta di essersi messo nelle mani di Mangone e di aver subito da lui un'estorsione attraverso la cessione di un immobile a Sambruson di Dolo senza ottenere in cambio il pagamento: in particolare la sua società Golden Costruzioni snc aveva ceduto un negozio in via Argine Sinistro 117 a Bologna Group srls (di fatto gestita da Mangone nella veste di procuratore spciale) per 75 mila euro pagati solo sulla carta.
In cambio lui aveva firmato una quietanza il 16 febbraio 2018 di fronte al notaio Gianluigi Maculan di Saonara, ovvero un atto per dichiarare di aver ricevuto dalla società Bologna Group l'integrale pagamento del prezzo stipulato in un preliminare del 25 maggio 2015 mediante la corresponsione di un assegno bancario non trasferibile di 75 mila euro tratto sul conto corrente della Bpv filiale di Piove di Sacco. Era, in realtà, un assegno senza copertura, consegnato con l’imposizione a Borella di non esibirlo, almeno stando al capo d’accusa. Gravi le espressioni usate nei confronti del notaio che avrebbe «abusato» della sua professione coadiuvato da Mangone e Biasion «che esercitavano violenza e minaccia» mentre il notaio avrebbe costretto l’impresario a sottoscrivere la quietanza.
«Ho cercato di vendere per necessità degli immobili. A quel punto ho chiesto ad Adriano Biason, che è stato mio collaboratore per anni, se poteva acquistare un negozio che si trova a Sambruson» aveva dichiarato Borella. Biasion lo avrebbe indirizzato al Bologna Group, società che faceva riferimento al “picchiatore” del clan Bolognino, Antonio Mangone. «Mi fu offerto non un acquisto ma una permuta del valore di 75 mila euro. Cioè una cessione reciproca di proprietà, uno scambio fra due immobili dello stesso valore: io sarei dovuto diventare proprietario di un immobile a Bassano del Grappa che mi è stato detto era di proprietà dello stesso Mangone. Tuttavia Mangone acquisì subito la mia proprietà, io accettai di differire la sua permuta di un anno».
Dopo un anno, il passaggio di proprietà non avvenne. «Nel frattempo il negozio che avevo ceduto nella permuta era stato acquistato da un’altra persona. Ho perso la pazienza e ho chiesto di essere saldato. Sono stato portato da un notaio di Saonara. Lì mi fu dato un assegno di 75 mila euro che poi mi è stato tolto dopo aver dichiarato che avevo ricevuto il corrispettivo per l’appartamento». Il notaio ha sempre respinto ogni accusa. Mangone in primo grado è stato condannato a 8 anni di carcere per associazione a delinquere di stampo mafioso; Biasion ha patteggiato 3 anni. —
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