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«Cerbo non è un mafioso, faremo ricorso»

Parla il legale del 39enne che si ispirava a Scarface, arrestato dalla Finanza: «Curava solo l’immagine delle aziende»

Nicola Cesaro
2 minuti di lettura

sant’elena

«Cerbo a capo del sistema di truffe? Impossibile, lui aveva solo il compito di curare l’immagine delle aziende coinvolte». Per quello si presentava a Sant’Elena – almeno due volte alla settimana, nei capannoni di via delle Industrie – con look sgargianti e auto di grossa cilindrata, quasi sempre noleggiate: se vuoi curare l’immagine di qualcuno, devi prima curare il tuo. Da qui a passare per mafioso e truffatore, però, la strada è lunga: lo vuole sottolineare l’avvocato Giorgio Vincenzo Cotroneo, legale difensore di William Alfonso Cerbo, catanese di 39 anni, arrestato e portato in carcere dalla Guardia di finanza di Este nell’ambito dell’operazione “Zona rossa”.



Cerbo, che nei modi e nel look si ispirava al suo idolo Tony Montana (il boss interpretato da Al Pacino nel film cult “Scarface”), è ritenuta la mente del complesso sistema truffaldino (fatto di altre 12 persone e 24 società dai bilanci falsati) che avrebbe gabbato sessanta aziende in tutta Italia durante il primo lockdown: in estrema sintesi, il presunto sodalizio criminale acquistava merce di ogni tipo – dall’agroalimentare all’edile – senza provvedere ad alcun pagamento, accampando come scusa la scarsa liquidità e le restrizioni del lockdown. I conti da saldare sono arrivati a toccare il milione e mezzo.



Cerbo è l’unico finito in carcere (per due padovani sono scattati domiciliari e obbligo di firma) ed è difeso dagli avvocati Cotroneo e Alessandro Coco: «Dominus del sistema di truffe? L’ordinanza è davvero debole sul fronte accusatorio e per questo abbiamo fatto ricorso al Riesame chiedendo l’immediata liberazione di Cerbo». Continua Cotroneo: «Cerbo era titolare di una società di marketing con sede a Milano che aveva il compito di curare l’immagine delle varie aziende a cui viene contestata la truffa, comprese quelle con sede a Sant’Elena e Carmignano di Brenta. Ha svolto lui i colloqui per assumere le segretarie a Sant’Elena, ha curato lui la stampa dei bigliettini da visita e ha improntato lui i loro siti internet. Ma niente di più». Specifica il legale: «Non ha mai avuto alcun contatto con le aziende truffate, tanto meno con i titolari dei capannoni in cui le imprese avevano sede o magazzino e a cui non venivano saldati gli affitti».



Insomma, a detta del legale, Cerbo era nel Padovano per fare l’imprenditore. Una nuova vita rispetto a quella che, nel 2014, lo aveva portato all’arresto (e poi alla condanna a quasi 15 anni di reclusione) per i legami con il clan Mazzei vicino a Cosa Nostra: «Si è detto che è un mafioso, ma fino a prova contraria è stato condannato per mafia solo in primo grado, dunque il giudizio è ancora pendente. Stiamo parlando tra l’altro di fatti avvenuti a Catania sette anni fa e riferiti a quando Cerbo era molto giovane. È evidente che ancora oggi si porti dietro lo stereotipo di uomo del Sud. Nel frattempo si è laureato in Giurisprudenza, si è trasferito a Milano e ha creato questa sua produttiva società di marketing». E questa sua sbandierata idolatria al malavitoso Tony Montana, tanto che nel suo appartamento è stata rinvenuta una gigantografia di Al Pacino? «Di lavoro Cerbo cura l’immagine della gente: per proporsi in maniera convincente, ha scelto di presentarsi con un modello d’immagine forte. Da qui quel look e le macchine di lusso con cui arrivava almeno due volte a Sant’Elena».



I finanzieri, su ordinanza della Procur a di Rovigo, oltre a Cerbo hanno arrestato anche Ugo Santoro, padovano di 63 anni (sempre difeso da Cotroneo) che ora è ai domiciliari. Obbligo di firma, invece, è scattato per Davide Gemo, 49 anni di Monselice. Il primo è considerato il factotum del sistema criminale, il secondo il principale buyer. Indagato, infine, c’è un ragioniere di 49 anni di Albignasego, reo di aver approvato bilanci con più di qualche magheggio. Nell’operazione, sono stati sequestrati beni per 1,2 milioni. —



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