Caccia ai terreni liberi della Zip Così il business si mangia il verde
GiZip sogna un parcheggio con fotovoltaico, l’Interporto vuole espandersi. I residenti protestano
Cristiano Cadoni
C’è chi sogna di ingrandirsi, chi ha in mente un grande affare, chi spinge sul freno e prende tempo per capire. E poi ci sono i residenti e gli ambientalisti con il dito alzato e la solita raccomandazione: prima di tutto, rispettare quel poco di verde che resta. Attorno ai terreni della Zip in liquidazione, ruotano interessi vari e divergenti. Mentre il tribunale si appresta a mettere all’asta un altro pacchetto di terreni del defunto consorzio (ne riferiamo a lato), i vecchi soci si trovano presi in mezzo tra il dinamismo di chi vuole cogliere l’attimo propizio e vincoli vecchi e nuovi, non proprio facili da superare.
In fermento è il Gruppo imprenditori della zona industriale (GiZip) che a maggio aveva presentato ai soci del vecchio Consorzio - Camera di Commercio, Provincia e Comune - il progetto per una stazione e un parcheggio scambiatore da realizzare in un’area in zona Interporto, tra corso Stati Uniti, la tangenziale e il casello autostradale. Un investimento da 40 milioni che prevede di ricavare 5.400 posti auto, coperti da pannelli fotovoltaici per una produzione stimata in 17 megawatt (Roma, per capirsi, ne produce in tutto 36). In più, una stazione per mezzi pubblici elettrici (con la previsione di quattro linee di trasporto da attivare), l’ampliamento della rete ferroviaria per raggiungere Agripolis, un bar-ristorante e servizi. Dopo quattro mesi di incontri esplorativi, GiZip la settimana scorsa è riuscito a portare al tavolo gli enti e le categorie economiche per un primo confronto che è stato ribattezzato “tavolo di lavoro per la gestione della Zip”. Il presidente Roberto Rovoletto è ottimista: «Intanto il tavolo ha già dato risultati sul fronte dei trasporti, viste le novità sulle linee decise dal Comune. Ora la zona industriale ha uno strumento di raccordo fra gli imprenditori e possiamo coordinarci. Resta da capire cosa succede nell’applicazione del disciplinare Zip, visto che il consorzio è in liquidazione». Se ne parlerà a ottobre. Ma anche se nessuno si espone, c’è da registrare un certo scetticismo intorno al progetto, sia perché l’area non è del tutto disponibile, sia perché ci sono dubbi sulla sostenibilità economica così come sull’investimento per le quattro linee di trasporto.
Il progetto di GiZip, che promette di finanziarsi con sovvenzioni e con la vendita di energia, rischia tra l’altro di scontrarsi con una serie di ostacoli non da poco. L’area individuata per il parcheggio è nel mirino dell’Interporto, che nell’ambito del Masterplan 2020 ha formulato un’offerta di acquisto di terreni per finalizzare un “progetto di completamento della rete nazionale degli interporti”. Insomma, sogna di allargarsi, di piazzare una quinta gru e guarda proprio a quel pezzo di terra. Che però in prima battuta sarebbe vincolato da una vecchia destinazione urbanistica, quella dell’idrovia. E in seconda battuta sarebbe, almeno in parte, oggetto di un’indagine penale per il taglio non autorizzato di un bosco, scoperto a maggio scorso, del quale sono chiamati a rispondere il titolare di una ditta dell’Alta Padovana e il proprietario dell’area, cioè il consorzio Zip che al momento è in mano al commissario liquidatore Gianluca Orrù.
Assistono a questi movimenti, con una certa preoccupazione, gli abitanti dell’area. Che sul progetto di GiZip sono molto scettici. «Al di là della sostenibilità economica, non capiamo come si possa puntare a un’area sulla quale Interporto vuole espandersi da tempo», dice Diego Tono, portavoce del comitato cittadini di Granze. «E poi perché fare un parcheggio dove si vuol fare arrivare il treno? Noi temiamo che un prolungamento della ferrovia ci isoli ancora di più: siamo stretti fra autostrada, tangenziale e Interporto, abbiamo uno sbocco solo su Ponte San Nicolò e pensano di togliercelo. Siamo solo 900 ma non siamo cittadini di serie B. Ci faremo sentire». Pensa al verde invece il presidio Sotto il Portico che riunisce 300 residenti della zona industriale. «Sono rimasti solo 40 ettari liberi ed è pieno di capannoni vuoti e di spazi già urbanizzati e non utilizzati», dice Stefano Pagnin. «Usino quelli, semmai. Ma prima si chiariscano le idee, perché la sensazione è che qui tutti si muovano senza un’idea, solo con l’obiettivo di spartirsi la torta». —
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