Vigilante sparò e uccise un bandito, il pm: «Omicidio volontario, 14 anni»
Ma Il difensore della guardia giurata cittadellese Massimo Zen invoca invece l’assoluzione: «Sentì gli spari, fu legittima difesa». Nello scontro morì Manuel Major
Marco Filippi
CITTADELLA. «Quella notte la guardia giurata Massimo Zen voleva fermare ad ogni costo la macchina dove viaggiava Manuel Major con a bordo i suoi due complici e sparando ha accettato il rischio di ucciderli. Per questo va condannato a 14 anni di reclusione per omicidio volontario». Il pubblico ministero Gabriella Cama, al termine di una requisitoria di oltre un’ora e mezza, ha chiesto al giudice Piera De Stefani di Treviso una sentenza pesante per Zen, la guardia giurata di Cittadella che, la notte del 22 aprile 2017 a Barcon di Vedelago, uccise con alcuni colpi di pistola il giostraio Manuel Major, 36 anni di Caerano, reduce da una notte di assalti ai bancomat della Marca, assieme a due complici, Euclide Major e Jody Garbin.
Rito abbreviato
Mentre Zen viene giudicato in rito abbreviato, due suoi colleghi sono imputati in udienza preliminare per favoreggiamento e interferenza nelle comunicazioni dei carabinieri. Si tratta di Manuel Cancarello (46 anni) e Christian Liziero (47), residenti a Paese. Cancarello è, secondo gli investigatori, l’uomo che piazzò, poco dopo il fatto, la pistola giocattolo ritrovata dai carabinieri a ridosso della strada in cui era avvenuta la sparatoria, che avrebbe dovuto indurre gli inquirenti a sostenere la tesi della legittima difesa di Zen. Per entrambi il pm Cama ha chiesto il rinvio a giudizio. La sentenza è stata programmata tra due settimana, all’udienza del 19 maggio.
Lunga e articolata anche l’arringa dell’avvocato Fabio Crea che in aula rappresenta i familiari del giostraio ucciso: Claudio e Valentina Major, fratelli di Manuel, e Sara Bottega, convivente della vittima. Il legale ha chiesto la condanna di Zen al risarcimento di poco più di 800mila euro, di cui 100 mila euro come provvisionale immediatamente esecutiva. Crea ha sostenuto in arringa come il vigilante di Cittadella non avesse alcun obbligo di fermare la macchina dove viaggiavano Major e i due complici. «Come vigilante», ha sottolineato, «Zen non avrebbe potuto sovrapporsi all’attività dei carabinieri. È stata una sua decisione quella di bloccare ad ogni costo i fuggitivi, sbarrando la strada con l’auto e sparando, fingendo che i fuggitivi avessero un’arma. Il tutto senza comunicare nulla al suo istituto di vigilanza e ai carabinieri».
La difesa
L’avvocato Daniele Panico, che difende Zen, ha parlato per quasi due ore concentrando la sua arringa sulla dinamica degli eventi per dimostrare che Zen, quella notte, sparò soltanto perché percepì che la sua vita era in pericolo. «Poteva essere investito dall’auto dei tre uomini in fuga ma soprattutto sentì gli sparì provenire dall’auto dove viaggiava la vittima». Panico ha inoltre sottolineato come i carabinieri del Ris di Parma avessere trovato all’interno dell’auto di Major numerosissime tracce di polvere da sparo che proverebbero l’esistenza della pistola vista spuntare dal finestrino dei tre giostrai: secondo Panico, il vigilante sparò per legittima difesa e per questo ne ha chiesto l’assoluzione. Infine i legali degli altri due imputati hanno chiesto il non luogo a procedere. —
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