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«Chiedo scusa a tutti per mio figlio i ragazzi di oggi sono anche questo»

Parla la madre di Ionat Gabriel, il maggiorenne del gruppo individuato dalla polizia: «Siamo qua da 13 anni, siamo onesti»

Enrico Ferro
2 minuti di lettura



«Chiedo scusa a nome di mio figlio e di tutta la nostra famiglia. Siamo in Italia ormai da tempo e non abbiamo mai avuto problemi, non posso che chiedere perdono anche per lui. Mi sono arrabbiata tanto, ma purtroppo questi sono i ragazzi di oggi», Gela, 38 anni, è la madre di Ionat Gabriel, il diciottenne del gruppo che ha devastato il cimitero dell’Arcella. Fino a un anno fa lavorava come donna delle pulizie per una facoltosa famiglia padovana, ora è in cassa integrazione. Anche il marito, Costica, è senza lavoro: una coop di Limena l’ha licenziato dopo un lungo infortunio. Ionat la scuola l’ha abbandonata finita la terza media. Sono romeni, vivono in Italia dal 2008, abitano all’Arcella in un condominio anni ’60 poco distante dalla parrocchia di Sant’Antonio.



«Sabato sera Ionat non ci ha detto dove andava, ormai è grande, è difficile controllarlo. Ci siamo resi conto che qualcosa non andava quando lunedì mattina, il giorno di Pasquetta, la polizia è venuta a casa nostra alle 9.30. Hanno preso il suo telefonino e perquisito tutte le stanze» raccontano i genitori. «Ma noi non crediamo che nostro figlio abbia potuto fare tutto da solo. Sicuramente il gruppo l’ha in qualche modo condizionato».

Ionat lavora saltuariamente come imbianchino ma non ha ancora raggiunto l’indipendenza economica e per questo continua a vivere con i genitori. «Ci teniamo a chiedere scusa alla città per tutto il male che ha fatto questo gesto. Abbiamo visto che anche il sindaco si è arrabbiato e questo ci ha dato molto dispiacere» continuano Gela e Costica. «Ora abbiamo tutto l’interesse a capire davvero cosa sia successo. Vorremmo le prove di quel che ha fatto nostro figlio, ci piacerebbe sapere tutto con precisione. Nel frattempo chiediamo perdono».



Ieri mattina Ionat è uscito per andare dalla fidanzata, che abita a un isolato di distanza. È tornato verso l’ora di pranzo, il padre l’ha incalzato con le domande ed è scoppiato un litigio, al culmine del quale il diciottenne è scappato nuovamente di casa. «Cosa devo fare?» si chiede il genitore. «È maggiorenne, può fare ciò che vuole. Io cerco di intervenire, di essere presente ma non è facile. Glielo dico sempre di chiedere a me se ha bisogno di soldi, qualche spicciolo riesco a darglielo. L’importante è che non si metta nei guai, perché noi ci siamo sempre comportati bene qua in Italia. Tutti sanno che non abbiamo mai rubato per vivere».

Marito e moglie hanno sempre cercato di impartire buoni insegnamenti.



«Abbiamo fatto di tutto perché restasse qua con noi il più possibile, a casa» confida Costica. «Gli ho comprato anche la Playstation, per dargli un motivo in più per non uscire. Quando i figli iniziano ad andare fuori, non si sa dove vadano. Ho sempre paura che si cacci in qualche guaio».

A questa famiglia dell’Arcella, travolta dall’esito dell’indagine della polizia, ha fatto piacere leggere le parole di distensione di padre Fernando Spimpolo. «Andremo da lui appena nostro figlio tornerà a casa. Vogliamo solo risolvere questa vicenda prima possibile e se ci sarà un conto da pagare, sarà lui a farlo. Andrà a lavorare per pagare i danni che ha fatto. Noi soldi non ne abbiamo». —



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