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Si costituisce e va in cella l’ingegnere Fior

Era il tecnico più potente durante il “regno” dell’allora governatore Galan: deve scontare 4 anni e 8 mesi ormai definitivi

Cristina Genesin
2 minuti di lettura



Due condanne ormai definitive, la valigia pronta da un pezzo di fronte alla consapevolezza di dover scontare quelle pene mentre il difensore (il penalista Pietro Someda) lavorava per fare ottenere la cosiddetta “continuazione” tra le sentenze, impossibili da rinviare quanto all’esecuzione. Così mercoledì, intorno alle 22, l’ingegnere Fabio Fior, 64enne ex potentissimo a Palazzo Balbi nella veste di dirigente generale della Direzione Tutela Ambiente della Regione Veneto (dal 2002 al 2010) durante il lungo regno del forzista Giancarlo Galan, è arrivato al traguardo: la porta d’ingresso del carcere per scontare una detenzione di 4 anni e 8 mesi. Il carcere è quello di Bollate a Milano, una scelta non casuale ma dettata da qualche ottimo consiglio tanto più in tempi di Covid: è una delle strutture penitenziarie più moderne d’Italia. Fior era stato condannato a 3 anni ridotti a 2 per associazione a delinquere e peculato dal gup di Venezia; a Padova la condanna (in abbreviato) a 4 anni per peculato continuato. Con la continuazione riconosciuta dalla Corte d’appello si è arrivati a 5 anni totali che, detratto il tempo già trascorso agli arresti domiciliari, sono stati riquantificati in 4 anni e 8 mesi ancora da scontare.



È il 25 settembre 2014 quando su richiesta della procura veneziana è sottoposto agli arresti domiciliari l’ingegnere Fior, originario di Noale, residente a Padova e da poco trasferitosi a Verona. Le accuse? Associazione a delinquere finalizzata al peculato e all’abuso d’ufficio nell’ambito di un’inchiesta denominata “operazione Buondì” sulle assegnazioni di appalti e lavori regionali per progetti di risanamento ambientale con ben 21 indagati. L’ingegnere Fior non è un tecnico qualsiasi in Regione perché ha diversi incarichi nella procedura per il rilascio delle autorizzazioni di intervento ambientale concernenti le aree per la concentrazione dei rifiuti: è membro della commissione Via (Valutazione impatto ambientale) e della Commissione Tecnica Regionale all’Ambiente. Insomma si tratta di un potente che, nei mesi precedenti l’arresto, era stato sospeso per sei mesi, salvo poi essere reintegrato in altro ufficio (sempre però occupandosi di lavori pubblici). È il vecchio vizio di Fior che gli procura guai pure con la giustizia: accanto al suo ruolo pubblico, ha affiancato per anni una floridissima attività privata di consulenze e collaudo impianti, ricevendo sostanziose parcelle da quelle stesse imprese di trattamento rifiuti per le quali firmava le autorizzazioni. Non a caso nel 2018 la Corte dei Conti centrale in sede d’appello conferma a carico del tecnico la condanna a pagare alla Regione oltre 357 mila euro per consulenze non autorizzate. Un troncone dell’inchiesta veneziana è trasferito per competenza alla procura di Padova che chiede di processare Fior, mentre nel capoluogo lagunare viene condannato a 3 anni (poi ridotti a 2).



Fior viene accusato di essere stato il regista del progetto di forestazione di una discarica nella Bassa padovana previsto con un finanziamento di 3.585.215 euro. Discarica situata nella frazione Balduina di Sant’Urbano, 570 mila metri quadrati di superficie e un impianto che macinava 500 tonnellate di rifiuti al giorno gestito da Gea srl, partecipata dai Comuni di Sant'Urbano e di Piacenza d'Adige (il processo è ancora in corso per il sindaco Dionisio Fiocco).

Peccato che solo 60 mila euro di quella torta servirono al progetto; il resto finì nelle tasche di Fior. Anzi, nelle casse Green Project (una sua società) mentre un’altra quota (2.666.148,07 euro) furono investiti in titoli. —

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