PADOVA. Scultore e restauratore, se ne va un altro pilastro dell’arte padovana: Gianni Strazzabosco è morto domenica 21 febbraio all’età di 85 anni, dopo aver lottato per molti anni contro la malattia. Parte di una famiglia di artisti, è stato uno scultore conosciuto in tutto il mondo, capace di vincere premi e segnalazioni.
Su tutti il Campidoglio d’oro per la scultura nel 1978. Ma anche una persona che ha dato molto a Padova: formando intere generazioni di studenti come insegnante all’istituto Selvatico ma anche con il restauro, negli anni’ 60, delle statue di Prato della Valle. I funerali saranno giovedì alle 10.30 nella chiesa di San Giuseppe.
Gianni Strazzabosco, nato il 31 dicembre 1935, era figlio di Luigi, anch’egli noto scultore e autore del portale del Palazzo delle Nazioni in fiera che sarà ricollocato nel nuovo Centro congressi. È stato proprio il padre a indirizzare il figlio Gianni verso l’arte e a farlo partecipare, fin da giovanissimo a importanti rassegne nazionali ed internazionali.
Dal 1961 al 1981 Strazzabosco associa l’attività di sculture a quella di insegnante, come titolare del laboratorio per la decorazione plastica all’istituto Pietro Selvatico. In seguito si dedica totalmente all’attività imprenditoriale del restauro conservativo, una “passione” ereditata dal padre e condivisa con l’amico scultore Elio Armano durante i restauri alle statue dell’isola Memmia del Prato della Valle negli anni ’60. L’attività di restauratore lo ha poi portato ad operare anche a Spalato, Atene e Malta, dove è stato consulente per il restauro lapideo e la conservazione della pietra.
Il ricordo dell’amico
Nel 1995 Strazzabosco è poi tornato anche ad insegnare, prima al Centro europeo per il Restauro lapideo di Venezia e poi all’Enaip di Piazzola sul Brenta. «Me lo ricordo come una persona simpatica, allegra, aperta. Dal punto di vista umano un carattere versatile che sapeva farsi rispettare e voler bene dagli studenti – è il ricordo di Elio Armano – In quegli anni gli studenti della sezione scultura erano pochi, e quindi eravamo molto più amalgamati tra insegnanti e studenti».
Armano ricorda anche una tradizione dell’istituto che oggi si è purtroppo persa: «Quando morì Amleto Sartori negli anni ’60 la sua bara fu esposta al centro della grande rotonda neoclassica, per l’omaggio degli studenti e della città». —