Tribano sorge nella terra strappata dai benedettini all’immensa palude
Le prime tracce dell’abitato risalgono all’anno Mille Monselice punisce la fedeltà a Este demolendo le torri
francesco Jori
Una sterminata palude, a perdita d’occhio, che le ricorrenti esondazioni dell’Adige alimentano in continuazione, rendendo di fatto impossibile ogni insediamento di una certa consistenza; al massimo qualche casupola sparsa, i cui abitanti campano stentatamente di quel che gli stagni offrono loro: un po’ di caccia, un po’ di pesca, le canne per mille usi. Perfino le scorrerie dei barbari, dopo la caduta dell’impero romano, ignorano queste lande desolate.
Ci vuole la pazienza dei monaci benedettini, sorretta dalla loro tradizionale laboriosità, per sforzarsi di strappare a quel luogo senza volto un minimo di terra su cui cominciare a piantare dei semi e ad avviare una forma rudimentale di allevamento. E così, ormai a ridosso del temuto anno Mille in cui ci si aspetta la fine del mondo, anche Tribano si affaccia alla storia scritta: è del 944 un documento in cui la località viene inclusa in un atto di donazione alla chiesa di Adria.
Ma da lì in avanti il paese cammina in fretta, sia dal punto di vista demografico che economico, se poco più di un secolo dopo, nel 1077, risulta sede di una pieve propria (quindi una chiesa autonoma, da cui ne dipendono altre delle località vicine: Bagnoli, Anguillara, Borgoforte), anche grazie alla collaborazione del clero locale con una delle abbazie più note della Bassa padovana, quella di Santa Maria a Carceri.
castello distrutto
Il merito ha comunque una componente anche laica, testimoniata dall’esistenza di un castello che fa capo alla potente Casa d’Este, e che presumibilmente è stato dato in gestione dai marchesi della “dinasty” a un feudatario locale. Una fortificazione che ha subìto molti assalti e altrettante devastazioni, e della quale oggi non è rimasta traccia, se non una piccola altura detta “del Castellaro”, giusto di fronte alla chiesa arcipretale di San Martino. Il primo e traumatico impatto con i fatti di guerra è del 1256, quando Ezzelino III da Romano (che nel frattempo ha conquistato Padova) dà ordine a Gerardo, comandante dell’importante piazza di Monselice e della sua Rocca, di smantellare il castello dalle fondamenta per castigare il paese della sua scelta di restare fedele agli Estensi. E tuttavia il legame con la Casa rimane, se un codice miniato scritto tra il 1434 e il 1440 da Giovan Francecso Capodilista ci riferisce che il maniero è stato ricostruito, e appartiene ai Pesci e ai Paltanieri, che si qualificano come conti di Tribano e spiegano di avere ricevuto il feudo proprio dai marchesi d’Este ( “de Piscibus et Paltaneriis de Poyana comites se dicunt Tribani, ubi habent fortilicium”).
cunicoli sotterranei
Da segnalare che nel 1923, durante lavori di spianamento dei ruderi della fortezza, vengono alla luce una serie di cunicoli sotterranei che servono a congiungere tra loro le tre torri esistenti (le stesse che oggi figurano nello stemma del Comune). Sul finire del Duecento, intanto, Tribano è stato assorbito dal punto di vista amministrativo dalla vicina Pernumia, ma gode di un tenore di vita discreto, se rapportato con altri della zona. Nel centro del paese svetta anche una torre successivamente rimaneggiata, e costruita accanto alla residenza dei Brazolo, antica e illustre famiglia padovana già citata in atti del 1130, la quale avrebbe preso il nome da un castello di sua proprietà, il “Bradolius”, spianato nel 1313. La villa attualmente è sede del municipio.
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