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La Cassazione chiude il caso Birolo, nessun risarcimento ai familiari del ladro

Dichiarato innammissibile il ricorso presentato dalla sorella del ladro ucciso dal tabaccaio di Civè sei anni fa

di Cristina Genesin
2 minuti di lettura
Franco Birolo nella sua edicola 

CORREZZOLA. È buio. Igor Ursu, 23enne moldavo, predone di mestiere, s’intrufola con alcuni complici in una tabaccheria del Piovese per rubare. Il titolare, Franco Birolo, svegliato di soprassalto con moglie e figlia nel piccolo appartamento al piano superiore, scende in bottega pistola in pugno e spara uccidendo quel ragazzo che muore, dopo aver percorso alcuni passi sulla via esterna.

 

È la notte del 26 aprile 2012. Con la condanna in primo grado a 2 anni e 8 mesi per eccesso colposo di legittima difesa, nei confronti di Birolo arriva anche la stangata di un maxi-risarcimento di 325 mila euro da pagare a madre e sorella del ladro. Il 13 marzo 2017 la Corte d’appello azzera tutto con un’assoluzione reclamata anche dalla procura generale, cioè da chi riveste il ruolo della pubblica accusa.

 

Allora la sorella del ladro, Angela Ursu, impugna davanti alla Cassazione quella sentenza limitatamente al negato risarcimento (di più non può fare). Richiesta bocciata e rispedita al mittente l’altra sera: la Cassazione ha definito inammissibile quel ricorso. Di più si saprà quando saranno depositate, tra un paio di mesi, le motivazioni della sentenza.

Decisione non scontata. Fine di un incubo per il tabaccaio di Civé di Correzzola. Fine di un calvario durato anni di sofferenze. E di non indifferenti spese affrontate per difendersi. L’esito non era scontato: il procuratore generale di Roma aveva insistito affinché fosse accolto il ricorso della sorella del ladro, presente in aula con la madre. Di più: il tabaccaio – aveva spiegato il procuratore smentendo la Procura generale del Veneto e tirando in ballo il commodus discessus previsto dal diritto romano – avrebbe dovuto aspettare dentro in casa che i ladri finissero il loro lavoro, magari nascondendosi. E avrebbe dovuto evitare di assumere qualunque iniziativa. Insomma battere in ritirata ed evitare guai.

La Cassazione. Niente da fare. Accolta la lettura dei fatti proposta dalla difesa, il penalista veneziano Luigino Martellato che aveva indicato una serie di “inammissibilità” a proposito di quel ricorso. Certo diversi possono essere i percorsi logico-giuridici seguiti dai giudici della Suprema Corte. Peraltro dopo la morte di Igor, Angela non aveva accettato la nomina ad “erede” tanto che si è qualificata nella costituzione di parte civile come “prossimo congiunto” del fratello.

 

Il motivo? Non farsi carico delle eventuali conseguenze patrimoniali negative provocate dal comportamento in vita di Igor, com’era emerso dall’inchiesta del pm Benedetto Roberti che, in primo grado, aveva chiesto l’assoluzione per Birolo. Il ventaglio delle inammissibilità indicate dalla difesa? Tante. Fra queste il fatto che non si può negare la ricostruzione dei giudici d’appello secondo i quali si è trattato di legittima difesa putativa (si verifica quando, per un errore, un soggetto si crede minacciato mentre il pericolo non sussiste). Come la compatibilità tra rilievi e analisi del Ris con la versione di Birolo che voleva solo difendere sé e la sua famiglia di fronte a un concreto pericolo di aggressione («Ho sparato quando l'ho visto scavalcare il bancone e venirmi addosso... Aveva qualcosa in mano: forse il registratore di cassa o un bastone ... Ho sparato per difendermi»).
 

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