La mafia cinese al Centro Ingrosso Cina di Padova
Indagine della Dda di Firenze, un arresto a Saonara: spedizioni punitive per condizionare gli affari immobiliari e minacce
di Enrico Ferro
PADOVA. I tentacoli della mafia cinese sul Centro Ingrosso Cina e sulla città di Padova, con estorsioni, bische clandestine, minacce e investimenti in nuovi locali. L’inchiesta della Dda di Firenze racconta di un’organizzazione che controllava non solo la logistica nelle varie Chinatown ma anche gioco d’azzardo, prostituzione e spaccio di droga.
Dopo anni di accuse, supposizioni e congetture, per la prima volta viene messo nero su bianco da un giudice non solo l’interesse della criminalità organizzata per il distretto di corso Stati Uniti ma anche le pressioni e le azioni di minaccia per dettare legge all’interno. Vittima dei sicari della mafia è proprio Yang Rende, portavoce degli operatori del Centro Ingrosso Cina. Lui insieme a Weimin Cai, che risulta essere stato l’affittuario dalla Finleb, proprietaria dei fabbricati P e Q del Cic.
Gli investigatori hanno accertato che Xue Bin e Wu Guojun hanno minacciato di morte e picchiato Weimin Cai e Yang Rende, come del resto avevano loro stessi denunciato alla Squadra mobile di Padova. L’8 maggio 2012 i due avevano stipulato un contratto preliminare di locazione relativo ad alcuni locali commerciali con la società Finleb Srl, con l’intenzione poi di subaffittarli a connazionali titolari di attività commerciali. Uno o due giorni prima della stipula del contratto avevano ricevuto la visita negli uffici della loro società (in corso Stati Uniti) di due cinesi che si sono subito dichiarati soci del boss Francesco Hu. I due, senza mezzi termini, hanno intimato di rinunciare all’operazione immobiliare, in quanto quei locali dovevano essere acquisiti dal loro capo. “Siamo della mafia cinese”, hanno ripetuto minacciando di uccidere i due imprenditori che fanno affari a Padova. Si sono ripresentati nella sede della società anche i giorni successivi, non trovando però i titolari fuggiti in Cina dalla paura. Weimin Cai ha avuto la conferma da alcuni connazionali che effettivamente i due sicari erano esponenti di spicco della mafia cinese di Prato e che “insieme ad altri loro sodali erano soliti taglieggiare numerosi commercianti cinesi presenti nella zona della stazione di Padova, imponendo loro il pagamento del pizzo per la protezione”.
Il gip di Firenze Alessandro Moneti, nell’ordinanza che dà vita all’inchiesta “China Truck”, ha rilevato gravissimi indizi di reato a carico di 33 indagati per cui ha ordinato il carcere: 16 arresti a Prato, 8 a Roma, uno a Milano, uno a Padova, due in Francia e due in Cina mentre tre erano già in carcere.
A Padova è stato catturato Zhou Xiaomin, 43 anni, residenza ufficiale in via Bonazza 39 ma domicilio effettivo in piazza Aldo Moro a Saonara. Dopo aver gestito uno stand al Centro Ingrosso Cina si era riciclato come referente per una società di trasporti denominata “Anda”, di cui però i poliziotti padovani non sono riusciti a trovare la sede. In casa sua hanno sequestrato quasi 20 mila euro e un machete. È lui, sempre secondo gli investigatori, l’autore di un violento pestaggio nei confronti di un cliente che aveva criticato l’azienda sui social network.
e.ferro@mattinopadova.it
©RIPRODUZIONE RISERVATA
I commenti dei lettori