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«Così le vittime diventano carnefici»

Franco Birolo e Graziano Stacchio stanno con Onichini: «Non può pagare chi si è soltanto difeso da un’aggressione»

di Elena Livieri
2 minuti di lettura
Chi c’è passato, in un modo o nell’altro, non può che solidarizzare con Walter Onichini, il macellaio condannato a 4 anni e 11 mesi per il tentato omicidio del ladro che la notte del 22 luglio 2013 gli era entrato in casa e gli stava per rubare l’auto. Da Franco Birolo, il tabaccaio di Civè di Correzzola, a Graziano Stacchio, il benzinaio di Ponte di Nanto nel Vicentino, la sentenza che inchioda Onichini alle sue responsabilità suona stonata. Entrambi denunciano quello che nelle rispettive esperienze, hanno vissuto come un beffardo gioco delle parti. Invertite. Le vittime che diventano carnefici. Le vittime che devono subire l’onta del banco degli imputati. E se nel caso di Birolo e Stacchio il processo si è risolto con una assoluzione, altrettanto “bene” non è andata a Onichini. E poco importa, per chi ci è passato, se le situazioni non sono sempre esattamente sovrapponibili. Se la legittima difesa non è ammessa sempre e comunque. Se, sopra gli istinti, c’è una legge. Bella, brutta, giusta, ingiusta. Dura lex, sed lex.

«Per Walter già questi anni di attesa sono stati una condanna, un supplizio. L’ho sentito al telefono qualche giorno fa ma dopo la sentenza non mi sono ancora azzardato a chiamarlo. Posso ben capire il senso di nausea che si prova»: parla così Franco Birolo. Lui è stato assolto a marzo dall’accusa di eccesso di colposo di legittima difesa per avere sparato ed ucciso, nell’aprile del 2012, un ladro moldavo di 20 anni che durante la notte, insieme a dei complici, si era introdotto nella sua tabaccheria per rubare. Nel gennaio del 2016, in primo grado, il Tribunale di Padova lo aveva condannato a due anni e otto mesi di carcere e al pagamento di un risarcimento di 225 mila euro a favore della madre e 100 mila a favore della sorella del morto. In Appello la sentenza è stata ribaltata. Ora Birolo continua a lavorare nella sua tabaccheria ma ha già iniziato a svuotare gli scaffali e il magazzino. Si ritirerà a lavorare nei campi di famiglia nella speranza di ritrovare almeno un po’ della serenità logorata dal calvario giudiziario. «Mi auguro che in secondo grado ci sia la possibilità di riconsiderare anche la posizione di Walter. In quei momenti prevale l’istinto, è impossibile valutare al momento se si eccede. Per quanto mi riguarda sapevo cosa era successo e il mio cruccio era quello di riuscire a dimostrarlo. Bisogna poi riconsiderare assolutamente tutta la questione dei risarcimenti. Chi commette un crimine dovrebbe perdere automaticamente ogni diritto a pretendere qualcosa».

Stacchio, che ancora lavora alla sua pompa di benzina, è stato pure assolto: sparò a un rapinatore che aveva assaltato la gioielleria di fronte al suo distributore, aggredendo la commessa. Il bandito, ferito da Stacchio, poi morì. «Ho parlato con Walter che è abbattuto e ha tanta rabbia. Mi dispiace per la sentenza che lo condanna» dice Stacchio, «perché da troppo tempo in questo Paese le vittime vengono punite e i carnefici la fanno franca. Io rispetto la magistratura ma è la politica che chiamo con forza a intervenire. Abbiamo un sistema giuridico troppo buonista e io i buonisti non li sopporto. Quelli che dicono che siamo tutti uguali. Uguali proprio per niente» l’invettiva del benzinaio, «chi va a rubare, chi violenta, chi uccide, non è uguale a chi si spacca la schiena lavorando per mantenere la sua famiglia. Non può pagare un prezzo così alto chi ha solo reagito temendo per la sua vita e, ancora prima, per quella dei suoi cari. Bisogna passarci per capre cosa si prova, ma io non lo auguro a nessuno».

(ha collaborato

Alessandro Cesarato)

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