Medioevo sui Colli, ricostruita una carbonaia
Un team dell’Università ha sperimentato l’antico sistema usato per produrre il carbone

GALZIGNANO TERME. Un vortice di fumo bianco avvolge la carbonaia facendola sembrare, per qualche istante, un minuscolo vulcano in eruzione. Il fuoco, nella pancia della struttura, è stato alimentato per tre giorni e tre notti.
Galzignano, ricostruita una carbonaia
Nel cuore dei Colli Euganei, a Casa Marina, sede del Centro di educazione naturalistica e didattica del Parco, si è svolta nelle scorse settimane una costola di “Memola”, progetto europeo a cui partecipa anche il Dipartimento dei Beni culturali dell’Università di Padova con un’equipe di Archeologia medievale coordinata dalla professoressa Alexandra Chavarria. «Studiando il paesaggio dei Colli alla ricerca di siti archeologici, nei boschi del Monte Venda, abbiamo trovato tracce di alcune carbonaie del Medioevo» racconta Sandrine Paradis-Grenouillet, post dottoranda che arriva dalla Francia e ha alle spalle svariati esperimenti simili. Con lei il team di studenti e ricercatori ha riprodotto fedelmente una di queste strutture, che un tempo servivano per trasformare la legna in carbone.
La costruzione era frutto di un lavoro paziente e meticoloso. Si trattava di una montagnola di forma conica, composta da un camino principale e vari sfoghi laterali necessari a regolare il tiraggio dell’aria. Una volta individuata o predisposta una piazzola adatta, si realizzava lo scheletro in legno, che poi veniva ricoperto con foglie e terriccio, in modo da ottenere una sorta di forno chiuso. Alla fine il carbonaio estraeva il palo collocato al centro, aprendo così nella parte superiore della struttura una bocca da cui gettare le braci preparate separatamente. Il camino rimaneva acceso per diversi giorni, a seconda della dimensione, fino a quando non si completava il processo di carbonizzazione e si poteva cominciare a raccogliere il prodotto. L’equipe universitaria ha seguito lo stesso procedimento, dando vita a una carbonaia di circa tre metri cubi e servendosi di una sonda per rilevare la temperatura interna: perché si formi il carbone deve essere tra i 400 e i 600 gradi. L’esperimento è terminato lo scorso 29 ottobre, quando la struttura è stata aperta e smontata. Solo allora si è potuto prelevare il prodotto finito.
L’iniziativa ha permesso di riportare alla luce un mestiere antico, oggi scomparso ma praticato fino alla metà del secolo scorso anche sui Colli. Il carbone era un combustibile indispensabile, che serviva per riscaldare le case e produrre utensili di vario genere. «Sono molto sorpresa dai dati che ho raccolto» confessa Sandrine, «nessuno si aspettava di scoprire qui i resti di carbonaie medievali. Nel terreno abbiamo trovato strati di materiale dello spessore di ben 50-60 centimetri: significa che le stesse piazzole sono state riutilizzate molte volte nel tempo. Non solo: questa zona, che vanta una biodiversità importante, nel Medioevo aveva una vegetazione molto diversa da quella attuale». Tra passato e presente i Colli Euganei non smettono di stupire e affascinare.
Davide Permunian
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