Il dramma sociale è quello vissuto dalla famiglia di una donna algerina, Mokthari Asmahane, e dei suoi figli. «Si tratta di uno sfratto tanto più odioso», osserva Ottolini, «perché richiesto per favorire la vendita all’asta di un’abitazione per la quale la banca, Unicredit, che ha concesso il mutuo, ha già ricevuto più del valore del valore della stessa. La morosità nel pagamento», sottolinea l’Unione Inquilini, «è incolpevole perché causata dalla peggiorate condizioni economiche della famiglia a seguito della separazione e della mancanza di lavoro». Un tentativo di mediazione è stato cercato senza però arrivare ad un esito positivo, e sono partite le richieste per «continuare ad abitare almeno fino alla effettiva necessità dei possibili acquirenti, pagando un affitto di 250 euro, cioé la metà dei 500 euro che rappresentano l’unica entrata della famiglia». E non ha portato a nulla neppure la ricerca di «trovare sul mercato o tramite la parrocchia un alloggio alternativo». Senza speranza, Ottolini si è quindi rivolto al municipio, che conosce la situazione della famiglia, anche se «finora non è stata prospettata nessuna soluzione che tuteli la salute, né rispettosa dei diritti umani di queste persone. Anzi, malgrado avesse i requisiti necessari, questa famiglia è stata sconsigliata dal presentate domanda per le case popolari». Ieri sono arrivati i carabinieri ma, al momento, i diritti di un neonato hanno prevalso su quelli della banca.
Silvia Bergamin
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