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Santo, chiusa la Porta «Ma quella della carità resta sempre aperta»

Il commiato di monsignor Tonucci alla città e alla Basilica in occasione della funzione che segna la fine del Giubileo

di Elvira Scigliano
1 minuto di lettura

Un rettore, padre Enzo Poiana, scomparso improvvisamente la scorsa estate, aveva aperto la porta della Misericordia della Basilica un anno fa. Un altro rettore, padre Oliviero Svanera, suo successore, l'ha chiusa, ieri insieme al delegato pontificio, monsignor Giovanni Tonucci. Cambiano le persone, ma non il messaggio di speranza e fede: chiude un simbolo, la porta giubilare, ma non chiude mai quella di Dio.

«In questo Giubileo "diffuso", dove cioè sono state tante le porte della misericordia aperte in chiese e cattedrali», ha ricordato il rettore Oliviero, «papa Francesco ci ha tramesso un messaggio chiaro: la misericordia è a portata di mano per tutti. Il papa ci ha fatto capire quanto importanti siano le porte nella nostra vita e quanto fondamentale sia aprirle, quelle del cuore innanzitutto». L'afflusso dei pellegrini in Basilica, da tutto il mondo, ha superato tutti gli anni passati. Ma ora cosa resterà di questo Giubileo della misericordia? Innanzi tutto i segni concreti: il villaggio di Sant'Antonio dei frati di Noventa Padovana per i disabili; con la Caritas antoniana e il Messaggero di Sant’Antonio i religiosi del Santo hanno messo in atto un progetto per i profughi in Libano; nel Convento di Camposampiero è stata avviata l'Oasi famiglia, un progetto di aiuto e di accompagnamento per le coppie e famiglie in difficoltà e, anche in Basilica, si lavora già per un Centro di ascolto con la stessa finalità.

«Ma sono i tanti episodi di grazia all'incontro con i pellegrini che rimangono nel cuore di noi come frati e pastori d'anime», aggiunge il rettore, «Dunque resterà la consapevolezza che la porta del cuore di Gesù è sempre aperta». «È stato tempo di riflessioni», ha aggiunto monsignor Tonucci, «una partecipazione forte e convinta, è stato un allenamento "speciale" per continuare a giocare bene dopo. Il Giubileo ci lascia un messaggio di conversione: la coscienza di avere bisogno di convertirci non finisce adesso, è qualcosa che ci tocca tutti e nessuno può dire "io, ormai, sono a posto"; ma sappiamo anche che non siamo soli e c'è qualcuno che ci vuole più bene di prima». È anche un concedo per il vescovo del Santo, dopo 3 anni in città (e, contemporaneamente, a capo del convento di Loreto): padre Tonucci andrà in pensione per raggiunti limiti anagrafici (75 anni) dopo più di 50 anni di sacerdozio e 26 da vescovo: «Sono contentissimo di tutto quello che ho potuto fare», il saluto alla città, «senza piangere rispetto a quello che non sono riuscito a fare. Adesso non avrò più responsabilità di governo e penso che mi divertirò un sacco».

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