Dacca, il racconto di Giuseppe Berto: «Ho perso tre amici massacrati senza pietà»
L’imprenditore tessile di Bovolenta da 16 anni ha messo radici in Bangladesh. Abita a 800 metri dall'Holey Artisan Bakery, locale teatro della strage. Era in ferie in Italia

BOVOLENTA. «Conosco molto bene Gianni Boschetti e sua moglie Claudia ma anche Nadia Benedetti, Chrisitan Rossi e tutti i ragazzi dello Studio Tex che erano ad una cena d’affari venerdì sera e sono state massacrate orribilmente dalla follia dei terroristi». Giuseppe Berto, 69 anni, è commosso mentre parla al telefono: il titolare della Eos Texstyle (250 dipendenti) ha una conoscenza profonda del tessuto economico internazionale di Dacca. Nella megalopoli del Bangladesh ha messo radici 16 anni fa, quando il mondo ha inboccato la strada della globalizzazione.
Padovano, Giuseppe Berto è uno dei big dell’imprenditoria del tessile,a Dacca si è tasferita anche la moglie mentre i due figli sono rimasti in Italia e hanno raggiunto importanti traguardi. Flavio, titolare della Berto Industria Tessile di Bovolenta, e Francesca a capo delle Manifatture Corona di Casalserugo. Il papà, che ha fondato il gruppo nell’immediato dopoguerra, si è portato via i macchinari con i quali aveva lavorato una vita nella sua azienda e si è trasferito in Bangladesh per continuare a fare impresa. Una scommessa vinta con grande tenacia.
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Berto e la moglie abitano a circa 800 metri dal Holey Artisan Bakery, locale di Gulshan, quartiere diplomatico della capitale del Bangladesh, teatro della strage di venerdì. L'imprenditore proprio il 3 giugno scorso è partito da Dacca per trascorrere le ferie in Italia con i due figli e i nipoti. «Oltre alle cene di lavoro, l'Holey Artisan Bakery faceva un pane eccezionale e mia moglie andava quasi ogni mattina a comprarlo» racconta Berto. «È un ritrovo d'affari ma anche un luogo piacevolissimo dove fare due chiacchiere in allegria, un locale di tendenza frequentata da molti stranieri.Ci passo spesso quando faccio la mia passeggiata mattutina nel parco di Dacca, sotto casa, a due passi dall' Holey Artisan Bakery.
Il quartiere è controllato a ogni ora del giorno e della notte ma questo non ha evitato lo scorso settembre l'uccisione di Cesare Tavella, il cooperante ucciso dai terroristi. Ho smesso di fare passeggiate da solo e sono stato più prudente ma sono semplicemente fortunato ad essere qui perché è un caso: se ti trovi nel posto sbagliato al momento sbagliato non puoi farci niente». Berto, profondo conoscitore del mondo imprenditoriale internazionale che ha messo radici a Dacca, una delle tante zone franche del Bangladesh, aveva relazioni di amicizia profonde con molte delle 9 vittime italiane.
«Sono provato dal dolore e dall’angoscia», spiega il titolare della EosTexstyle. Ho costruito ottimi rapporti con Giani Boschetti e sua moglie Claudia, ma anche Nadia Benedetti, Chrisitan Rossi e tutti i ragazzi dello Studio Tex che erano ad una cena d'affari. Piango disperato all’idea che siano morti. Erano persone davvero per bene che facevano tutto il possibile per aiutare gli ultimi di Dacca. Claudia da anni si occupava di beneficenza ed ospitava équipe mediche italiane di primo piano, spesso luminari della chirurgia maxillo facciale ma non solo, che grazie al suo contributo potevano operare gratuitamente i poveri della città. Li ospitava in casa, faceva loro da mangiare e chiedeva spesso anche a noi di ospitare chirurghi italiani che per giorni interi operavano persone poverissime e bisognose di cure».
Il massacro di Dacca, subito rivendicato dai terroristi dell’ Is, secondo le prime ricostruzioni atrocemente perpetrato più a colpi di machete che di armi da fuoco, ferisce ancora più nel profondo chi in quel paese, oltre a fare impresa, si è costruito una vita fatta di amicizie e di relazioni fondate sul tentativo di fare del bene. «Da quello che so molte delle vittime sono sfigurate e i familiari ora sono stati chiamati per un riconoscimento ancora più doloroso» continua Berto. «Un’ingiustizia orribile che non so come descrivere». Ma la sua azienda rimane nella zona franca di Dacca e l'unico padovano del settore tessile dell'area, dovrà tornare nella sua casa del quartiere diplomatico della capitale bengalese. «Tornerò di certo alla metà di luglio ma non so cosa pensare» confessa l'imprenditore. «Il clima era già teso anche se non si credeva che l’Is avesse così largo spazio. Ora dovrò consultarmi anche con l'ambasciatore Palma. Da una parte è vero che per gente che viaggia come noi il rischio è ovunque: a Orlando come a Parigi, a Bruxelles come a Istanbul ma questa è un'aggressione orribile e drammatica al cuore dell'imprenditoria internazionale del tessile che vive e lavora nella capitale del Bangladesh».
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