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Dietro le quinte della letteratura Vita da traduttore

Una professione ambita, parla Anna Mioni che da 18 anni lavora per le maggiori case editrici

di Nicolò Menniti-Ippolito
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di Nicolò Menniti-Ippolito

Tra le iniziative di Pordenonelegge c’è anche un corso per traduttori di narrativa, mestiere antico, frequentato da grandi letterati, esaltato da scrittori come Calvino e Magris secondo il quale «se proprio si vuole prendere la penna, meglio tradurre». Tra i docenti del corso, che si svolge in sinergia con Mondadori e Marsilio, c’è Anna Mioni, padovana, agente letterario e traduttrice dall’inglese e dallo spagnolo per Feltrinelli, Mondadori, Einaudi, Bompiani, Minimum fax. Insegna traduzione al corso di perfezionamento “Tradurre la Letteratura” della Fusp di Misano Adriatico e alla Ssml di Vicenza.

Ci sono ancora tanti giovani che vogliono fare i traduttori?

«Sì, continua ad essercene un buon numero. La formazione universitaria non basta, per imparare a tradurre la narrativa bisogna andare a bottega, passare dalla teoria alla pratica. Non sono solo giovani, la traduzione è qualcosa che si ha dentro, per cui ci sono persone che cambiano mestiere e diventano traduttori anche a quarant’anni. Le conoscenze linguistiche contano, ma per comprendere veramente un testo da tradurre serve molto anche l’esperienza di vita, per cui non direi per forza che è un mestiere per soli giovani».

Che rapporto c’è tra il traduttore e l’autore?

«Il modo in cui legge un traduttore è unico. Finisce per conoscere il testo meglio dell’autore stesso, perché è costretto a sezionarlo, a studiarlo nel profondo. Non è raro che un autore rimanga sorpreso da ciò che del suo libro coglie il traduttore. La condizione migliore è quando si traducono più libri di uno stesso autore, allora veramente si riesce a dargli una voce, si crea un rapporto molto stretto; purtroppo non tutte le case editrici sono attente a garantire continuità agli autori».

Il traduttore è un creatore?

« L’eccesso di creazione è rischioso nel tradurre. Se uno vuole creare è meglio che traduca romanzi di consumo, perché in quel caso spesso sono gli stessi editori a chiedere di migliorare la scrittura. Con un vero autore i vincoli sono precisi e bisogna rispettarli, non siamo liberi. All’inizio leggevo tutto il libro prima di tradurlo, ora che sono diventata maggiorenne come traduttrice, lo faccio da 18 anni, ho capito che non posso, mentre traduco, saperne più del lettore: rischio di rivelare o spiegare troppo».

Si traduce di più, si traduce meglio?

«Si traduce meglio. Una volta c’era solo il dizionario e anche grandi traduttori potevano fare errori macroscopici. Oggi abbiamo molti più mezzi per verificare i testi. Per la quantità invece siamo in fase di contrazione. Le case editrici puntano più sugli italiani perché non c’è il costo della traduzione. La diffusione delle conoscenze linguistiche e delle librerie online fa sì che molti lettori comprino e leggano i testi originali, specie per gli autori più letterari, riducendo quindi le possibilità di mercato».

È anche colpa della crisi della editoria?

«Soprattutto del taglio dei costi. In proporzione oggi le traduzioni si pagano ancora meno che in passato. Ci sono tanti ragazzi disponibili a lavorare per poco o addirittura niente. Vorrei dire ai giovani che si può anche tradurre il primo libro gratis per farsi conoscere, ma se lo si fa la seconda volta si svilisce prima di tutto il proprio lavoro».

Eppure il lavoro editoriale è molto ambito.

«In questi anni in cui le università e la scuola non assorbono laureati, l’editoria è stato uno sbocco. Ora è in crisi e sottopaga. O addirittura non paga. Molti di noi avanzano soldi che probabilmente non vedranno mai. Come sindacato abbiamo valutato che per tradurre bene ci vuole un’ora a pagina. Se non la si paga almeno dodici euro non si sopravvive. C’è chi ne paga cinque».

I libri di successo vengono tradotti in tempi brevissimi. È un problema?

«In quel caso lavorano ad un testo più traduttori insieme. Ho tradotto una parte dell’ultimo volume della saga di Twilight, eravamo in cinque per fare più presto e poi il traduttore principale ci ha revisionati. A volte c’è molta urgenza e non si capisce che se per la fretta ci si rivolge a un traduttore non esperto, si rischia di perdere ancora più tempo con la revisione. Spesso i manager editoriali, purtroppo, vengono da esperienze in altri settori e non capiscono la specificità del prodotto libro».

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