Polato, chef di Samantha nello spazio
È diventato il cuoco ufficiale della missione Futura. «Mi ha scelto la stessa astronauta dopo aver letto le mie ricette»
di Francesca Segato
MONSELICE. La cucina “spaziale” parte dal mangiar sano. È questa la strada che ha portato Stefano Polato, trentatreenne chef del ristorante Il Campiello di Monselice, a diventare il cuoco ufficiale della missione Futura di Samantha Cristoforetti, che stasera alle 22,01decollerà a bordo della navicella Soyuz per la stazione orbitale Iss, dove resterà sei mesi. Lo è diventato con Argotec, l’azienda torinese responsabile in Europa dello “space food” per l’Agenzia spaziale europea (Esa).
Com’è arrivata questa collaborazione?
«Sono stato contattato da questa azienda tramite la stessa Samantha Cristoforetti» racconta Stefano Polato «Aveva la necessità di individuare un cuoco che avesse in mente il concetto di sana nutrizione. Ha trovato il mio nome grazie a un libro del medico anti-age Filippo Ongaro, che ha lavorato al centro astronauti europeo. Per questo volume, “Mangiare ci fa belli”, io avevo curato la parte delle ricette. Samantha ha letto il libro e ha pensato di coinvolgermi. C’è stata una prima selezione ad Argotec, sono andato bene e abbiamo continuato il rapporto».
Come si è svolto lo sviluppo di questi speciali alimenti? «Sin dall’inizio, due anni e mezzo fa, con Samantha abbiamo iniziato a parlare di alimentazione, per capire quali fossero le sue preferenze e avvicinarci il più possibile ai suoi gusti. Sono partito facendo le prime proposte, i primi piatti, poi nell’estate del 2013 è venuta al ristorante a Monselice, a fare un primo food test: ha compilato delle schede di valutazione e da lì siamo partiti a selezionare quello che le piaceva. Poi abbiamo continuato il confronto a distanza: lei è sempre in viaggio tra Houston, la Russia e la Germania, io le spedivo i preparati o cercavamo di incontrarci quando possibile».
Cosa troverà Samantha Cristoforetti nel suo menù?
«Samantha ha voluto un menù improntato ai principi della nutrizione sana, ricco di verdura, cereali integrali e proteine derivanti soprattutto da pesce azzurro e carne bianca. Una dieta che richiama quella di Michelle Obama, con molti piatti unici, composti per metà di verdura e per metà di proteine e carboidrati. Ma abbiamo previsto anche molta frutta».
Un esempio di un pasto che l’astronauta potrà consumare nello spazio?
«Un piatto unico composto da quinoa, sgombro allo zenzero, spezia usata per renderlo più digeribile, e pomodori secchi. Il menù prevede sei piatti unici pronti, ma oltre a questi Samantha ha voluto una vera e propria dispensa di ingredienti pronti, come ad esempio piselli, funghi, riso, per prepararsi qualcosa mettendo insieme gli ingredienti. Come prima donna italiana nello spazio, per lei è molto importante farne anche un’occasione per parlare di sana alimentazione». Non a caso, nel progetto è entrata anche Slow Food. Per sviluppare questi cibi, però, non basta lo chef: occorre il lavoro di un team di ingegneri aerospaziali e chimici.
Che tecniche vengono usate per portare il cibo nello spazio?
«Una è la liofilizzazione, che prevede poi l’uso dell’acqua. L’altra è la termostabilizzazione, che permette di avere il piatto già pronto. Nel produrre il cibo per gli astronauti dobbiamo sottostare alle precise regole della Nasa: i cibi si devono poter conservare a lungo a temperatura ambiente, non devono produrre briciole, che potrebbero danneggiare gli strumenti di bordo o essere inalate dagli astronauti. E una volta presi con la forchetta devono restare attaccati alla posata».
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