L’appello di Francesco: pensare a chi soffre. Come in Siria, Turchia e Ucraina. “La nostra carità sia concreta”
Il Papa all’Angelus esprime vicinanza alle vittime del sisma, della guerra e alla «popolazione neozelandese, colpita da un devastante ciclone». Invita a non rispondere al male con il male, così si superano i «conflitti». Bisogna guarire «le ferite dell'odio. Uscire dalla logica del tornaconto»
domenico agassoCreato da

L'Angelus di Francesco
(ansa)CITTÀ DEL VATICANO. In questo mondo segnato da violenze e scontri, bisogna guarire «le ferite dell'odio» e «uscire dalla logica del tornaconto». Papa Francesco all’Angelus invita a non rispondere al male con il male: così si superano i conflitti. E dedica un pensiero alle vittime del terremoto in Siria e Turchia, e della guerra in Ucraina, esortando a una «carità sia concreta».
Il Pontefice si affaccia alla finestra dello studio nel Palazzo apostolico per recitare la Preghiera mariana con i fedeli e i pellegrini – circa 20mila secondo la Gendarmeria vaticana – riuniti in piazza San Pietro.
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Nell’introduzione evidenzia le parole che Gesù̀ «ci rivolge nel Vangelo di questa domenica», defenendole «esigenti, sembrano «paradossali: Egli ci invita a porgere l’altra guancia e ad amare perfino i nemici. È normale per noi amare quelli che ci amano ed essere amici di chi ci è amico; eppure, Gesù ci provoca dicendo: se agite in questo modo, “che cosa fate di straordinario?”. Che cosa fate di straordinario?». Ecco il punto su cui «vorrei attirare oggi la vostra attenzione, su questo cosa fate di straordinario. “Straordinario” è ciò che va oltre i limiti del consueto, che supera le prassi abituali e i calcoli normali dettati dalla prudenza». In genere, «noi cerchiamo invece di avere tutto abbastanza in ordine e sotto controllo, in modo che corrisponda alle nostre aspettative, alla nostra misura: temendo di non ricevere il contraccambio o di esporci troppo e poi restare delusi, preferiamo amare soltanto chi ci ama per evitare le delusioni, fare del bene solo a chi è buono con noi, essere generosi solo con chi può restituirci un favore; e a chi ci tratta male rispondiamo con la stessa moneta, così siamo in equilibrio». Ma il Signore ammonisce: questo «non basta! Noi diremmo: questo non è cristiano! Se restiamo nell’ordinario, nel bilanciamento tra dare e ricevere, le cose non cambiano. Se Dio dovesse seguire questa logica, non avremmo speranza di salvezza! Ma, per nostra fortuna, l’amore di Dio è sempre “straordinario”, va oltre, va oltre i criteri abituali con cui noi umani viviamo le nostre relazioni».
Le affermazioni di Cristo, allora, «ci sfidano. Mentre noi tentiamo di restare nell’ordinario dei ragionamenti utilitari, Lui ci chiede di aprirci allo straordinario, allo straordinario di un amore gratuito; mentre noi tentiamo sempre di pareggiare i conti, Cristo ci stimola a vivere lo sbilanciamento dell’amore». Il Figlio di Dio non è un «bravo ragioniere: no! Sempre conduce allo sbilanciamento dell’amore. Non meravigliamoci di questo. Se Dio non si fosse sbilanciato, noi non saremmo mai stati salvati: è stato lo sbilanciamento della croce che ci ha salvati! Gesù non sarebbe venuto a cercarci mentre eravamo perduti e lontani, non ci avrebbe amato fino alla fine, non avrebbe abbracciato la croce per noi, che non meritavamo tutto questo e non potevamo dargli nulla in cambio. Come scrive l’Apostolo Paolo, “a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi”. Ecco, Dio ci ama mentre siamo peccatori, non perché siamo buoni o in grado di restituirgli qualcosa. Fratelli e sorelle, l’amore di Dio è un amore sempre in eccesso, sempre oltre i calcoli, sempre sproporzionato. E oggi chiede anche a noi di vivere in questo modo, perché solo così lo testimonieremo davvero».
Dio propone di «uscire dalla logica del tornaconto e di non misurare l’amore sulla bilancia dei calcoli e delle convenienze. Ci invita a non rispondere al male con il male, a osare nel bene, a rischiare nel dono, anche se riceveremo poco o nulla in cambio». Perché è «questo amore che lentamente trasforma i conflitti, accorcia le distanze, supera le inimicizie e guarisce le ferite dell’odio». Il Vescovo di Roma consiglia di domandarsi: «Io, nella mia vita, seguo la logica del tornaconto o quella della gratuità, come fa Dio? L’amore straordinario di Cristo non è facile, ma è possibile; è possibile perché Lui stesso ci aiuta donandoci il suo Spirito, il suo amore senza misura. Preghiamo la Madonna, che rispondendo a Dio il suo “sì” senza calcoli, gli ha permesso di fare di lei il capolavoro della sua Grazia».
Dopo l’Angelus, Jorge Mario Bergoglio sottolinea che «l’amore di Gesù ci chiede di lasciarci toccare dalle situazioni di chi è provato. Penso specialmente alla Siria e alla Turchia, alle tantissime vittime del terremoto, ma pure ai drammi quotidiani del caro popolo ucraino e di tanti popoli che soffrono a causa della guerra o a motivo della povertà, della mancanza di libertà o delle devastazioni ambientali: tanti popoli... Sono vicino in tal senso alla popolazione neozelandese, colpita negli ultimi giorni da un devastante ciclone. Fratelli e sorelle, non dimentichiamo chi soffre e facciamo in modo che la nostra carità sia attenta, sia una carità concreta!».
Il Papa saluto poi i gruppi «dell’Azione Cattolica di Rimini e di Saccolongo; i fedeli di Lentiai, Torino e Bolzano; i ragazzi della Cresima di Valvasone e Almenno San Salvatore; gli adolescenti e i giovani di Tricesimo, Leno, Chiuppano e Fino Mornasco; i chierichetti di Arcene e gli alunni della scuola Sant’Ambrogio di Milano».
Augura a «tutti una buona domenica. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci».
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