Un simbolo, una storia, un territorio, un popolo. Tutti uniti in un prodotto gastronomico, l'unico, che può fregiarsi di avere un nome e un cognome, un identificativo unico e imprescindibile. San Daniele. Che è in Friuli, un paese capace di risollevarsi dal quinto terremoto più forte della storia italiana. Il San Daniele è unico anche per questo, per la sua storia e per i tanti piccoli dettagli che ne creano il sapore. Docile e deciso insieme. Difficile da dimenticare, fin nelle sfumature. Quelle che saltano all'occhio come la forma a chitarra e lo zampino, che è altro oltre la struttura, è la base portante della stagionatura, per esempio, durante la quale riveste un ruolo molto importante. Come la cotenna, che protegge la carne e la perserva da qualsiasi attacco esterno, regalandoci la morbidezza capace di sciogliersi in bocca. Tutti singoli elementi, che contribuiscono al raggiungimento della Dop. Su tutti, un passaggio durante questa catena perfetta è fondamentale: la stagionatura. Avviene all'interno degli appositi saloni, deve durare almeno tredici mesi, durante i quali comincia a sviluppare le sue caratteristiche organolettiche grazie (anche) alla componente fondamentale e più poetica: il vento. Il vento di tramontana che filtra attraverso le finestre delle sale appositamente dedicato all'invecchiamento delle carni. Un minuetto perfetto.
Non solo, però, il marchio, lo zampino e la forma a chitarra ne descrivono e detengono la grandezza gastronomica, ma soprattutto la sua carne. Colore rosso-rosato nella parte magra e bianco candido su quella grassa. Un insieme che regala un aroma che diventa più persistente con la stagionatura, offrendo al palato sentori di crosta di pane, frutta secca e malto d’orzo. Descrittori che potrebbero sembrare freddi, ma che in realtà corrispondono, in emozioni del palato, al sentore di casa e al confort di un prodotto capace di mettere d'accordo tutti. Tutto attraverso un sapore inconfondibile, delicato e sapido, senza mai eccedere. Perfetto in cucina, in un aperitivo. Come una pochette nera da abbinare a qualsiasi outfit, a qualsiasi stile. Ma se lo stile fosse un calice, a quale vino potremmo realmente affiancare questo piccolo miracolo di artigianalità?
Non si può che partire dal Prosecco. Doc, ça va sans dire, in quanto i territori di pertinenza del disciplinare in questione coprono tutte le provincie di Udine, Trieste, Gorizia e Pordenone. E qui ci potremo fermare in particolar modo, una zona decisamente vocata per l'allevamento della Glera. Un prosecco, con le sue bollicine fini ma persistenti, potrebbe decisamente aiutare la grassezza di un San Daniele giovane, con un invecchiamento che non supera - o può farlo di poco - i tredici mesi base previsti dal disciplinare. Magari appoggiato su un crostino di pane di segale ben tostato, per un aperitivo informale.
E non si può parlare di Friuli del vino senza parlare di Ribolla. Un vitigno storico e fondamentale per la struttura del territorio, dal punto di vista sociale quanto economico, esattamente come il San Daniele. Sostenuto da una spiccata acidità, la Ribolla può essere tanto un vino giovane, vinificato per essere consumato nell'immediatezza, quanto dedicato all'invecchiamento. Una Ribolla Gialla, magari del Collio, con due o tre anni di vita alle spalle, con sentori di tabacco e una sapidità più spinta, sarebbe più che indicata a sostenere con il suo sorso un San Daniele di media stagionatura, che abbia passato dai 15 ai 18 mesi nei saloni. Da servire con un aperitivo leggero, un gambo di sedano e dell'ottimo olio extravergine di oliva (magari un Garda Dop, anche se si tratta di scavalcare qualche confine).
Dici Friuli e pensi al Friulano. La semplicità e la vicinanza dei nomi non può e non deve lasciar pensare a un matrimonio fatto di balanità ed eccessiva tranquillità. Il Friulano è un vino di buona struttura anche nelle sue versioni più giovani, caratterizzato da un profumo invitante, con una buona complessità e note che vanno dalla frutta più chiara alla dolcezza della mandorla. Un Friulano di 3/4 anni di invecchiamento è più che degno di sostenere un San Daniele 36 mesi, particolarmente sapido e con una fetta dalla consistenza rigida e quasi croccante, con un grasso dai decisi sentori di nocciola. Per chi ama giocare ai fornelli, degli spaghetti saltati al Friulano, con una dadolata o uno scrigno di San Daniele, potrebbero essere la scelta più adatta.
Non si può chiudere una passeggiata nella gastronomia friulana dimenticandosi del Frico. La tradizione più rustica e profonda del Friuli a tavola, che sia su un crostone caldo con una guarnizione di San Daniele oppure in un aperitivo creativo, con delle chips di frico e del prosciutto in accompagnamento. La stagionatura potrebbe essere quella di 24 mesi o anche appena inferiore, per giocare con la morbidezza e sontuosità del grasso e dei sapori, senza che la consistenza sia troppo compatta. Nel calice un Refosco dal peduncolo rosso dei Colli Orientali, con una buona struttura, apprezzabile, senza mai un'eccessiva alcolicità.