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Acacia e ciliegio, il rilancio del miele dopo la crisi

Acacia e ciliegio, il rilancio del miele dopo la crisi
Le piogge delle ultime settimane hanno salvato l’annata. I produttori: “La quantità resta modesta ma la qualità è molto buona”. E la domanda aumenta nonostante le difficoltà legate alla crisi climatica 
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La raccolta di quest’anno, almeno per quanto riguarda il miele d’acacia, «sarà migliore delle ultime due annate: la pioggia delle scorse settimane ha attenuato gli effetti negativi di questa prolungata siccità. La produzione per quanto riguarda la quantità, resta modesta ma per fortuna c’è e rispetto al nulla del passato ci dà sollievo». Parola di Dario Mattio, direttore generale di Piemonte Miele, la seconda cooperativa in Italia con i suoi 450 soci apicoltori disseminati in tutto il Piemonte . la sede è vicino a Fossano in provincia di Cuneo, ma anche fuori dai confini regionali.


I cambiamenti climatici stanno rendendo molto difficile la vita delle api e anche di chi ha scelto di allevarle per professione. Servirebbero certezze ma il meteo non può darne: «Adesso - prosegue Mattio - resta da capire che cosa accadrà nelle prossime settimane ma quel che è certo è che ci sarà un anticipo delle fioriture sia per quanto riguarda la flora alpina, le essenze, i tigli ma anche la castagna». Dunque si accorcia il tempo della raccolta ma per fortuna la «qualità sarà generalmente molto buona con punte di eccellenza».


Si tratta di indicazioni di carattere generale perché quantità e qualità variano a seconda delle zone di produzione. Ad esempio il presidente dell’associazione apicoltori di Biella, Paolo Detoma, racconta: «Questa sarà una delle annate migliori per il miele. Le gelate che temevamo potessero arrivare in primavera non ci sono state e la fioritura è perfettamente nella norma: avremo un prodotto d’eccellenza».


A livello generale, comunque, la campagna del ciliegio è andata bene e sta prendendo piede tra gli apicoltori che devono fare i conti con la progressiva riduzione degli spazi. Già, perché, come racconta il direttore della coop, «l’agricoltura intensiva ha ridotto progressivamente gli spazi naturali dove poter coltivare, senza dimenticare perché stanno scomparendo i prati stabili». E il combinato disposto tra cambiamenti climatici e mancanza di spazi sta costringendo gli agricoltori a ricorrere alla nutrizione d’emergenza delle api. 


La carenza di spazi ha favorito il proliferare di alveari urbani anche sui tetti delle città. A Torino 120 mila api sono state sistemate vicino all’inceneritore come «sentinelle dell’ambiente» e produrranno 20 chili di miele. Mattio, però, è convinto delle necessità di interventi per recuperare spazi non urbani «recuperando le aree marginali o anche quelle incolte dove si potrebbe conciliare la produzione agricola magari valorizzando le essenze con l’apicoltura». Una proposta che ha trovato ascolto da parte della regione Piemonte che ora dovrà trovare un’applicazione pratica. 

Quel che è certo, però, è che la domanda di miele c’è e sta aumentando anche perché, come spiega Mattio, «nel corso degli anni in Italia c’è stata la riscoperta del miele come alimento da usare in cucina non solo per la colazione ma anche per la preparazione degli altri pasti». Che fare, allora? «Provare ad orientare il consumo sulla base delle quantità di mieli disponibili».