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I grandi fondi in campo: finanziamenti solo a chi rispetta ambiente

Un sit-in ambientalista davanti alla sede della Bank of England, a Londra (foto: Daniel Ieal-Olivas / Afp via Getty Images)
Un sit-in ambientalista davanti alla sede della Bank of England, a Londra (foto: Daniel Ieal-Olivas / Afp via Getty Images) 
Il mondo della finanza insegue i limiti fissati dagli accordi di Parigi per ridurre le emissioni. "Senza il coinvolgimento del settore del risparmio gestito un obiettivo così ambizioso sarà difficile da raggiungere", dice David Blood, co-fondatore  assieme ad Al Gore della Generation Investment Management
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Una quota sempre maggiore degli investimenti mondiali finanziati con titoli sui mercati, verrà subordinata al raggiungimento da parte dell’azienda che emette i titoli e quindi è beneficiaria degli esborsi, dei parametri fissati dall’Onu e dagli accordi di Parigi sul cambiamento climatico. E aumenta in continuo il numero dei fondi d’investimento, ognuno con il suo 'pesante' pacchetto di risparmi amministrati e da allocare, che pretendono questo rispetto. C’è un’iniziativa globale che si chiama Net Zero Asset Managers (le emissioni nette pari a zero com’è noto sono fissate per il 2050) alla quale hanno aderito nei giorni scorsi colossi del risparmio gestito quali Amundi, Franklin Templeton, Sumitomo Mitsui Trust, Hsbc Asset Management. Si sono aggiunti ai soci fondatori dell’iniziativa (qualche mese fa): Fidelity, Legal & General Investment Management, Schroders, Ubs Asset Management, M&G, Wellington e Dws. Tutti insieme arrivano al 43% del 100mila miliardi di dollari che costituiscono il totale del risparmio gestito in tutto il Pianeta. Ma dato che esattamente agli stessi principi, pur senza aderire formalmente all’iniziativa, si ispira anche BlackRock, numero uno al mondo nell’asset management con 7mila miliardi sotto amministrazione, ecco che si arriva alla cifra tonda: 50 miliardi, ovvero la metà del totale complessivo dei patrimoni sotto tutela.

Un bel risultato per le strategie conservazioniste, e un passo avanti probabilmente decisivo verso il raggiungimento degli obiettivi fissati dagli accordi. La decisione delle grandi asset house, come aveva precisato Larry Fink, ceo di BlackRock, nella lettera ai sottoscrittori con cui all’inizio di quest’anno aveva aperto la strada 'ecologica', comporta il progressivo (ma rapido) smobilizzo di qualsiasi titolo, azione o obbligazione, emesso da aziende irrispettose dei vincoli ambientali. "La transizione verso il net zero sarà la più grande trasformazione nella storia recente dell’economia e noi vogliamo mandare forte e chiaro il segnale che non c’è più tempo da perdere", ha affermato in un’intervista al Financial Times David Blood, il co-fondatore insieme all’ex vicepresidente americano Al Gore della Generation Investment Management. "Senza il coinvolgimento del settore del risparmio gestito – ha aggiunto – un obiettivo ambizioso come quello degli accordi di Parigi sarà difficile da raggiungere".

 

Va detto che questi fondi, oltre alle aziende industriali, sono sempre più sotto il tiro degli attivisti, e quindi è ormai impensabile che non scendano a loro volta in campo. La numero uno di uno di questi gruppi attivisti, l’Institutional Investors on Climate Change, Stephanie Pfeifer, ha riconosciuto che "questo coinvolgimento rappresenta un enorme spinta al raggiungimento degli standard previsti". E dagli stessi protagonisti della finanza globale arrivano conferme: "Il cambiamento climatico pone il più significativo rischio alla sostenibilità delle attività industriali e quindi della nostra stessa società civile", ha puntualizzato sempre al quotidiano britannico Anne Richards, Ceo della Fidelity International.

Beninteso, c’è ancora del lavoro da fare. Lara Cuvelier, attivista di Reclaim Finance, sostiene che ancora in molte aziende finanziarie, che sostengono l’economia 'sul terreno', "sembra leggersi più zero action che net zero emissions", e cita uno studio della sua organizzazione secondo il quale su 29 grandi 'asset manager' solo due hanno intrapreso misure concrete, "al di là delle generiche assicurazioni di lungo termine".

Ma sta di fatto che già 128 grandi fondi, che amministrano come si diceva la metà dei patrimoni globali, sono scesi in campo. La prova della concreta volontà si avrà quando avrà raccolto i dati la Bank of England, che ha creato la Task Force for Climate-related Financial Disclosures. Unendosi così alla Banca d’Italia e ad altre banche centrali che stanno coordinando iniziative analoghe, unitamente alla stessa Bce e perfino alla Banca dei regolamenti internazionali di Basilea, la “banca centrale delle banche centrali”.