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Nepal, via i rifiuti dalle vette. La missione impossibile degli sherpa, guidati da una donna

Nepal, via i rifiuti dalle vette. La missione impossibile degli sherpa, guidati da una donna

La missione "8 X 8000M", sostenuta dalla Fondazione Bally Peak Outlook, ha ripulito 4 cime: Cho Oyu, Everest, Lhotse e Makalu. Raccolte 2,2 tonnellate di rifiuti di ogni tipo (tra cui bombole d'ossigeno vuote, tende strappate e imballaggi di varia misura). Dawa Steven Sherpa: "Esausti ma ora le montagne sono tornate incontaminate"

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"Ho voluto salire in alto per vedere a fondo dentro di me". Le parole di Reinhold Messner che introducono il racconto della sua leggendaria ascensione dell'Everest nel 1978 senza l'ausilio di respiratori, risuonano con forza nel silenzio assordante dei campi base degli Ottomila himalayani ricoperti di rifiuti. Andare in montagna significa prima di tutto rispettarla, per scoprire se stessi nel rapporto tra uomo e montagna. Per questo viene spontaneo chiedersi, osservando le fotografie della recente missione "8 X 8000M" sostenuta dalla Fondazione Bally Peak Outlook, come sia possibile che le spedizioni alpinistiche sulle montagne più alte della Terra creino danni così ingenti all'ambiente d'alta quota. Non si può amare le montagne e poi rovinarle.

L'alpinista nepalese e attivista Dawa Steven Sherpa ha guidato una squadra di sherpa in un'operazione di pulizia dei campi base che è durata 47 giorni tra l'inizio di settembre e la fine di ottobre dello scorso anno. Quattro le montagne interessate: Cho Oyu, Everest, Lhotse e Makalu. Sono state raccolte 2,2 tonnellate di rifiuti, nonostante la chiusura della stagione primaverile nel 2020 a causa della pandemia del Covid-19. La prima fase di questa spedizione ecologica ha permesso un coinvolgimento attivo delle comunità locali della regione dell'Himalaya, garantendo anche una fonte di reddito a scalatori professionisti, addetti alla pulizia, alla raccolta differenziata, e ai team di supporto presenti in ogni campo base, tutti nativi del luogo, in un momento di estrema difficoltà economica per il crollo dell'intero settore del turismo con le chiusure per il Covid.

Gli sherpa guidati da Dawa hanno anche scalato due cime, il Picco Mera a 6540 metri di altitudine e il Baruntse a 7129 metri, superando quattro passi ghiacciati, il Chola, l'Amphulabsa, il West Col e lo Sherpani Col, tutti dislocati tra i cinquemila e i seimila metri di quota, per aggirare i percorsi ufficiali interdetti a causa dell'epidemia. Una soluzione individuata nel rispetto dei protocolli di sicurezza per evitare una possibile trasmissione del virus fra i villaggi himalayani.

"Abbiamo fatto tutto il possibile e dato il massimo in questa spedizione - spiega Dawa Steven Sherpa, leader delle Eco Everest Expedition e responsabile di Asian Trekking - ci siamo mossi in libertà fra le montagne ed è stato incredibile soprattutto dopo il lockdown. Non potevamo accontentarci di un risultato a metà. Al termine della spedizione eravamo veramente esausti, ma molto soddisfatti di aver riportato le montagne alla condizione in cui dovrebbero sempre essere: incontaminate. La seconda fase "8 X 8000M" si svolgerà invece nel corso di quest'anno con la pulizia ai campi base di  Kanchenjunga, Dhaulagiri, Manaslu e Annapurna, oltre al campo Everest dove ci recheremo per la terza volta".

La lista dei rifiuti recuperati non rende per nulla onore agli alpinisti e alle spedizioni che in passato hanno fatto tappa in questo regno di ghiaccio: al campo base dell'Everest ne sono stati raccolti 780 kg tra lattine, vecchi bicchieri, tende rotte e casse di legno contenenti delle siringhe mediche di una spedizione italiana addirittura dell'inizio degli anni Settanta. Al campo sul Cho Oyu, sul versante nepalese, sono state trovate anche delle bottiglie di vodka seppellite nella sabbia nelle vicinanze del Lago Gokyo. Sul Lhotse sono stati invece recuperati 300 kg di spazzatura. Più di 500 kg di spazzatura risalente agli anni Ottanta è stata smaltita correttamente, così tutti i rifiuti sono stati smistati, classificati e trasferiti al Sagarmatha Pollution Control Committee, mentre i materiali tossici e le batterie sono stati smaltiti adeguatamente dal Kathmandu Metropolitan Office.

Durante la stagione delle scalate, i campi base rappresentano infatti le zone più popolate della catena montuosa e dunque in questi luoghi si vedono le conseguenze del maggiore inquinamento causato dall'affollamento e dalle spedizioni. "Il turismo di massa applicato alla montagna inibisce lo strumento stesso attraverso il quale l'uomo cerca di sperimentare se stesso - dice Reinhold Messner - alla fine distrugge il valore intrinseco dell'alpinismo. Se in certi momenti dell'anno ci sono cinquecento persone che cercano contemporaneamente di salire l'Everest, possiamo dire che la montagna non è più quella che fu salita per la prima volta nel 1953 da Sir Edmund Hillary e dallo sherpa Tenzing Norgay. E questo non solo perché ormai è ricoperta da una grande quantità di rifiuti, bombole d'ossigeno vuote, tende strappate, imballaggi di ogni volume, ma anche perché la salita in fila indiana esige ben poco dallo spirito dell'uomo. E' un monte Everest addomesticato, una montagna-luna park, però l'altezza resta quella, e si può sempre precipitare, anche se si procede uno dietro l'altro, l'uomo pensa di poter dominare la natura e si sente superiore".

Durante la missione finanziata dalla Fondazione Bally Peak Outlook sono stati anche girati quattro documentari che raccontano il lavoro di pulizia degli sherpa: tra questi vi è anche Jamling Tenzing Norgay, scalatore molto noto e figlio di Tenzing Norgay che per primo mise piede sulla vetta dell'Everest con Hillary, calzando per altro gli scarponi Bally Reindeer. Norgay porta la sua testimonianza sul Cho Oyu e sulle ricadute positive del turismo sostenibile nella catena dell'Himalaya. Un esempio per tutti, non solo per gli alpinisti, come lo è stato Edmund Hillary in passato. "Un uomo che non ha solo scalato le cime più alte - ricorda il figlio Peter Hillary - ma che ha anche costruito scuole e ospedali per la gente del posto. Questo è lo spirito di chi ama le montagne".