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Monti (IAEA): "Per una decarbonizzazione totale entro il 2050 non si può fare a meno del nucleare"

Stefano Monti
Stefano Monti 
L'ingegnere italiano lavora all'Agenzia internazionale per l'energia atomica dove guida una sezione del Dipartimento Energia Nucleare. "Siamo una agenzia delle Nazioni Unite, non progettisti o operatori di impianti nucleari", spiega. "Negli scenari attuali e futuri l'atomo ha certamente un posto"
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"Riteniamo che tutte le sorgenti energetiche a basso contenuto di carbonio siano necessarie per raggiungere l'obiettivo finale di emissioni climalteranti nulle. E negli scenari attuali e futuri il nucleare ha certamente un posto, perché per affrontare un problema di tali dimensioni abbiamo bisogno di tutte le opzioni energetiche a basso contenuto di carbonio". Stefano Monti lavora all'Agenzia internazionale per l'energia atomica (IAEA) dove guida una sezione del Dipartimento Energia Nucleare. "Siamo una agenzia delle Nazioni Unite, non progettisti o operatori di impianti nucleari", spiega, "ma siamo convinti che se si vuole seriamente operare nel senso di una decarbonizzazione totale entro il 2050 non si può fare a meno del nucleare. E non siamo i soli: nel 2019 la IAEA ha organizzato la prima conferenza su Clima ed energia nucleare alla quale hanno partecipato esperti dell'Agenzia internazionale per l'energia (IEA), dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale (UNIDO), dell'Intergovernmental panel on climate change (IPCC), tutte istituzioni che guardano al problema in modo globale".

 

Ingegner Monti, perché il nucleare può essere parte della soluzione dell'emergenza climatica?

"Perché ha emissioni virtualmente nulle al pari di eolico e solare. E anzi nell'intero ciclo di vita perfino inferiori a quelle del solare".

 

L'atomo presenta dei vantaggi rispetto alle rinnovabili?

"Energie rinnovabili quali eolico e solare sono intermittenti e ciò può provocare instabilità delle reti elettriche. Inoltre non sono programmabili. Infine, quando si pensa alle rinnovabili non si tiene conto dei cosiddetti costi di sistema che includono in particolare i costi di trasmissione, distribuzione ed interconnessione. Per tutti questi motivi, se si vuole realizzare un sistema complementare alle rinnovabili, affidabile e complessivamente esente dall'emissione di CO2, il nucleare rappresenta senz'altro una soluzione matura e disponibile. E non solo per produrre elettricità".

 

Cos'altro?

"Una centrale atomica produce temperature elevatissime, e il calore è molto richiesto da certe tipologie di imprese, oltre a poter essere utilizzato a più bassa temperature per le abitazioni civili. Poi c'è la produzione di idrogeno per il settore trasporti e altre applicazioni industriali. E la desalinizzazione dell'acqua, che sarà sempre più importante in quelle aree del pianeta che a causa dei cambiamenti climatici si troveranno a fronteggiare processi di desertificazione. Noi insistiamo sulla complementarietà del nucleare rispetto alle rinnovabili, perché un reattore può produrre elettricità quando la rete ne chiede di più, o quando sole e vento non ci sono. Inoltre un sistema integrato rinnovabili-nucleare con l'ellettricità o il calore prodotti in eccesso rispetto alla domanda puo' produrre in maniera pulita idrogeno, calore ad alta temperatura oppure desalinizzare l'acqua di mare".

Tuttavia l'energia nucleare è ancora associata al rischio di gravi incidenti. Sono stati fatti progressi in questo senso?

"Con ciascuna nuova generazione di reattori nucleare c'e' stato un progressivo miglioramento della sicurezza in sede di progetto. Ci sono poi i reattori di piccola taglia, il cui margine di sicurezza è ancora più alto fino ad un ordine di grandezza superiore, portando cosi' la probabilita' di incidente severo a valori trascurabili. Poiché hanno potenze ridotte, anche l'inventario di radioattività in caso di incidente è inferiore. E le potenze specifiche ridotte permettono più agevolmente l'adozione di sistemi di sicurezza passiva, che cioè non richiedono l'intervento umano. Un esempio è la circolazione naturale dell'acqua di raffreddamento: non servono pompe che la spingano. E se le pompe non ci sono non possono rompersi".

 

Molti scommettono proprio sugli Small modular reactor, piccoli reattori modulari. Sono già sul mercato?

"No, al momento sul mercato sono disponibili varie opzioni di grandi reattori avanzati detti reattori di terza generazione. Solo uno di questi piccoli reattori modulari è già in funzione in Russia. 2 prototipi di tecnologia diversa sono in avanzato stato di costruzione, uno in Cina e l'atro in Argentina. La maggior parte dei concetti in vari stadi di sviluppo arriveranno sul mercato tra qualche anno".

 

E quali Paesi li stanno scegliendo per un futuro a emissioni zero?

"Molti di quelli che hanno già una tradizione nucleare, ma non solo. I piccoli reattori possono essere utili anche in zone remote o in paesi in via di sviluppo, che non dispongono di infrastrutture complesse come una rete elettrica evoluta".

 

Ma la disseminazione di tanti piccoli reattori non porrà problemi di proliferazione nucleare?

"Questo è il lavoro dei nostri ispettori: il Dipartimento di Salvaguardia è il più grande qui alla IAEA. Attraverso una serie di misure tecniche il dipartimento IAEA per le salvaguardie assicura che i paesi membri onorino i loro obblighi legali internazionali per un uso di materiali e tecnologie nucleari solamente a fini pacifici. E non interviene solo sugli impianti già in operazione, ma considera anche i reattori in fase di sviluppo concettuale".

Rimane il problema delle scorie, dei depositi dove collocarle e dei costi di gestione.

"Per quanto riguarda i rifiuti radioattivi a bassa e media attività ormai esistono nel mondo circa 140 depositi, realizzati con tecnologie ben consolidate. Il problema non è di sicurezza ma di accettabilità pubblica: non si tratta di convincere le popolazioni, ma di coinvolgerle fin dall'inizio del progetto per far loro capire perche' il paese ha bisogno di realizzare un tale tipo di deposito per mettere in sicurezza i rifiuti radioattivi di provenienza non solo dell'industria nucleare, come viene realizzato un tale tipo di deposito, quali sono i criteri di sicurezza adottati e, infine, rispondere in maniera tecnicamente corretta alle loro comprensibili preoccupazioni. Dove è stato fatto, in quei paesi che hanno una tradizione nucleare, le persone sono abituate a convivere con centrali e depositi. Il discorso diventa più complesso per i rifiuti ad alta attività e lunghissima vita: ma non è vero che la soluzione non esiste. E lo ha dimostrato la Finlandia che sta ultimando il suo deposito geologico che entrerà in funzione nei prossimi anni".

 

Ma quando si valutano i costi dell'energia nucleare e li si compara con quelli delle rinnovabili si tiene conto di tutto questo?

"Certo, è tutto compreso. E va ricordato che smantellamento e smaltimento dei rifiuti sono a carico dell'operatore della centrale. Tuttavia anche considerando questi costi distribuiti sull'intera vita degli impianti, lo studio più recente dell'OECD ha dimostrato che il nucleare è assolutamente competitivo con eolico e solare, soprattutto quando si tiene conto dei costi di sistema sopra citati".