Nasce il quarto paradiso naturale del mondo. In mezzo all'Atlantico
di Daniele Mastrogiacomo
Lo ha deciso il governo di Tristan da Cunha, arcipelago vulcanico tra i più isolati del Pianeta, grazie alla spinta dei 250 abitanti di queste isole sperdute. Il nuovo Eden rafforza il programma britannico della "cintura blu". Ma i pescherecci d'altura sono in agguato e si fa poco per contrastarli
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Nell'Atlantico meridionale, in mezzo al nulla, 2.000 miglia a sud dell'isola di Sant'Elena, il primo centro abitato, nasce il quarto paradiso naturale della fauna marina al mondo. Lo ha deciso il governo di Tristan da Cunha, un arcipelago vulcanico tra i più isolati del Pianeta, dove sbarcò nel 1506 il navigatore portoghese Tristão da Cunha che diede a quegli scogli il suo nome.
Passati agli olandesi e poi riconquistati dagli inglesi, oggi sono territori d'oltremare della Corona britannica. E' considerato il luogo più remoto dalla terra ferma. Non ci sono aeroporti. Per raggiungerlo ci vogliono cinque o sei giorni di navigazione. Adesso quasi 700 mila chilometri quadrati delle sue acque diventeranno un'area marittima protetta, racconta il Guardian.
Si tratta di un progetto ambizioso che consentirà di salvare decine di rare specie di mammiferi, volatili e altri pesci a rischio estinzione. Una enorme piscina naturale dove potranno trovare rifugio e riprodursi e garantire così la possibilità di un equilibrio che la caccia sfrenata di flottiglie di pescatori d'altura sta compromettendo. Il merito va soprattutto ai 250 abitanti di queste isole sperdute: sono loro i promotori di un nuovo Eden che rafforza il programma britannico della "cintura blu": la creazione di 4,3 milioni di chilometri quadrati di riserve naturali acquatiche, l'1% degli oceani del mondo.
"La nostra vita a Tristan da Cunha", spiega al quotidiano britannico James Glass, capo degli isolani, "è sempre stata basata sul rapporto con il mare. Continua ad esserlo ancora oggi. La nostra comunità è profondamente impegnata nella conservazione. Anche sulla terra: oltre la metà delle nostre isole sono state dichiarate zone protette. Del resto, il mare, per noi, è la nostra economia e quindi anche la nostra sopravvivenza. Ecco perché vogliamo proteggere completamente il 99% delle nostre acque e siamo orgogliosi di svolgere un ruolo chiave nel preservare la salute degli oceani".
Entusiasta dell'iniziativa è anche il premier britannico Boris Johnson. Invita le altre nazioni a unirsi al progetto della cintura blu. L'ambizione del governo britannico è proteggere il 30% degli oceani di tutto il mondo entro la fine del 2020. "Stiamo uccidendo i nostri mari", ricorda Johnson, "li stiamo riscaldando, rendendoli più acidi e ogni giorno li riempiamo di plastica che soffoca le tartarughe, avvelena i delfini, uccide gli squali. Il nostro grande mare si sta trasformando in una grande discarica galleggiante".
Il governo britannico è orgoglioso del nuovo paradiso naturale. Lo considera "il gioiello nella corona della protezione della Marina del Regno Unito". Bercy Speight, amministratore delegato della RSPB, l'ente britannico che si occupa di ambiente e riserve marine, ricorda le peculiarità di questo arcipelago nel cuore dell'Atlantico. "Tristan da Cunha è un posto unico", dice. "Le sue acque sono tra le più ricche del mondo. Decine di uccelli marini sorvolano le onde, pinguini e foche si ammassano sulle spiagge e le scogliere, gli squali minacciati si riproducono al largo e fantastiche e misteriose balene si nutrono nelle profondità dei canyon sottomarini. Da oggi tutto questo è protetto".
Tanto entusiasmo è però raffreddato da alcune critiche degli ambientalisti. Un plauso sincero e meritato alla nuova area protetta; diverso il giudizio sulla coerenza di certi governi. Quello britannico per esempio è considerato ondivago: da un lato si batte e promuove progetti di salvaguardia e protezione, dall'altro nelle stesse aree che circoscrive e delimita come nuovi Eden delle specie a rischio estinzione fa ben poco per contrastare l'azione selvaggia dei pescherecci.
Tutte le AMP britanniche, le zone trasformate in aree naturali, tranne due, ha scoperto il Guardian, sono state invase. Magari a tratti e per poco tempo. Ma anche lì sono entrate in funzione le devastanti reti a strascico. Dall'altra parte del mondo, nel Pacifico meridionale, è in corso una battaglia per difendere le aree più ricche di fauna dall'assalto di 200 pescherecci cinesi.