GENOVA - Circa 12 anni, per uno dei cambi di rotta più radicali dell'industria italiana: così Erg ha lasciato raffinerie e distributori di benzina per diventare il primo operatore eolico italiano, tra i primi 10 in Europa. Quasi 2.000 megawatt installati, che salgono a 3.115 aggiungendo idroelettrico, solare, termoelettrico cogenerativo ad alto rendimento. Edoardo Garrone, presidente del gruppo, dice che sempre di energia si tratta, ma poi racconta di una storia lunga, passata per quattro riorganizzazioni aziendali, la cessione della raffineria a Lukoil, la vendita delle quote di Totalerg e in contemporanea l'espansione nel settore delle rinnovabili e lo sviluppo a livello internazionale. Otto miliardi di euro tra operazioni di acquisizione e disinvestimento, per un'azienda che in Borsa ne capitalizza circa tre. Sede a Genova, 750 dipendenti, 35 esimo posto tra le aziende più sostenibili al mondo per il Corporate Knights Index, l'Ebidta in continua crescita e sugli stessi livelli degli anni petroliferi pure a fronte di un fatturato 11 volte inferiore, Erg ha visto crescere del 95% il titolo in Borsa dal 2008 (mentre il Ftse Italia All Share è sceso del 44%) e distribuito 1,3 miliardi di dividendi. L'ultimo piano industriale vale 1,7 miliardi di investimenti. Nel lockdown ha assunto 18 persone, quando il 70% dell'azienda viaggiava con lo smart working.
Ma se ce ne fosse l'opportunità, tornerebbe a investire nell'energia da fonte fossile?
"Sarebbe anacronistico: transizione energetica, lotta al cambiamento climatico, sono strade senza ritorno, sui cui i governi di tutto il mondo stanno puntando tantissimo. L'energia elettrica ha un ruolo fondamentale: con lo sviluppo delle rinnovabili è la forza motrice della decarbonizzazione. Tornare indietro è nuotare controcorrente in un fiume in piena, in termini di investimenti e finanziamenti. Non solo pubblici: anche la grande finanza mondiale spinge sempre più le aziende, a partire dalle quotate, a investire sulle Environmental Social and Governance Issues, parametri del grande mondo della sostenibilità. Un processo irreversibile, siamo solo all'inizio".
Su questo percorso, in famiglia, tra gli azionisti, siete sempre stati tutti d'accordo?
"Certo mio padre (Riccardo Garrone, artefice dell'espansione di Erg dalla metà degli anni '60 ndr) una volta lasciata la presidenza, di fronte ai nuovi investimenti arricciava un po' il naso. Da uomo nato e cresciuto con la raffinazione faticava a trovare lo stesso fascino nei parchi eolici. Però alla fine ha sempre condiviso le nostre strategie. In fondo sempre di energia si tratta, anche se ovviamente parliamo di due mondi diversi per logiche regolatorie, commerciali, di distribuzione. La cultura industriale del gruppo ci ha permesso di mettere a frutto le competenze che già avevamo. Per esempio, gestione e manutenzione possiamo farle internamente, senza affidarle a terzi. Siamo uno dei pochi operatori dell'eolico con competenze sviluppate lungo tutta la filiera, dall'individuazione dei siti, alla costruzione dei parchi e al loro esercizio".
L'industria delle rinnovabili riuscirà mai a impiegare tante persone quanto quella petrolifera?
"Ne sono convinto. Guardiamo alla filiera. L'International Renewable Energy Agency stima che ogni milione di dollari speso in rinnovabili crea più posti di lavoro che la stessa somma spesa in progetti di combustibili fossili. Nell'Ue l'accelerazione della transizione energetica avrebbe, con proiezione al 2050, un impatto positivo sul pil che aumenterebbe del 7,4% con un incremento dell'occupazione del 2,4%. In termini assoluti, questo si traduce in ulteriori 5,4 milioni di posti di lavoro. A livello globale, sempre con proiezione al 2050, si stima che l'occupazione nel settore delle rinnovabili quadruplicherà portando gli occupati fino a 42 milioni di unità... Dirà, fare stime sul lungo periodo è sempre più facile che nel breve: ma noi abbiamo commissionato analisi più a livello locale. Bene, con il solo repowering eolico in Italia, cioè la sostituzione delle turbine più vecchie, quelle di15-20 anni - operazione necessaria, perché nel frattempo la tecnologia è andata avanti con altre più potenti ed efficienti - si possono mettere in campo 8 miliardi di investimenti da qui al 2030, con l'impiego di 4.000 persone l'anno, specie al Sud e nelle Isole. Il tutto dimezzando il numero degli aerogeneratori e senza occupare altra superficie. I benefici economici arriverebbero a 5 miliardi in termini di riduzione del prezzo unico nazionale dell'energia, valore aggiunto e gettito fiscale, minori costi per lo sviluppo della rete elettrica in termini sia ambientali sia economici"
Recovery Fund per l'Italia: si parla molto di auto elettrica e idrogeno.
"L'idrogeno è un'ottima opportunità per un ulteriore impiego delle rinnovabili che potrebbero essere utilizzate per produrlo. L'Italia potrebbe aspirare a diventarne un hub nel Mediterraneo. Sull'auto, le ricerche più recenti dicono che nel 2030 il 75% dei motori saranno ancora a benzina, forse è necessario investire ancora sulla ricerca nelle batterie. Opportunità mi sembrano invece arrivare dall'edilizia, dove già ci sono le tecnologie per ridurre l'impatto ambientale che oggi pesa per il 38% in termini di emissioni di CO2 in tutta Europa. L'Italia ha a disposizione 209 miliardi dal Recovery Fund, di cui una grossa fetta da investire in economia green. Ma serve una drastica semplificazione burocratica. Cito un esempio che ci riguarda da vicino: oggi per ottenere l'autorizzazione al repowering di un parco eolico occorrono 4-5 anni. Una follia: con questi tempi, la tecnologia che prevedo al momento del progetto e che mi verrà autorizzata, sarà giù superata quando potrò iniziare i lavori. Allora perché investire? Per cogliere le opportunità che abbiamo davanti occorre più progettualità e meno burocrazia".
Ma se ce ne fosse l'opportunità, tornerebbe a investire nell'energia da fonte fossile?
"Sarebbe anacronistico: transizione energetica, lotta al cambiamento climatico, sono strade senza ritorno, sui cui i governi di tutto il mondo stanno puntando tantissimo. L'energia elettrica ha un ruolo fondamentale: con lo sviluppo delle rinnovabili è la forza motrice della decarbonizzazione. Tornare indietro è nuotare controcorrente in un fiume in piena, in termini di investimenti e finanziamenti. Non solo pubblici: anche la grande finanza mondiale spinge sempre più le aziende, a partire dalle quotate, a investire sulle Environmental Social and Governance Issues, parametri del grande mondo della sostenibilità. Un processo irreversibile, siamo solo all'inizio".
Su questo percorso, in famiglia, tra gli azionisti, siete sempre stati tutti d'accordo?
"Certo mio padre (Riccardo Garrone, artefice dell'espansione di Erg dalla metà degli anni '60 ndr) una volta lasciata la presidenza, di fronte ai nuovi investimenti arricciava un po' il naso. Da uomo nato e cresciuto con la raffinazione faticava a trovare lo stesso fascino nei parchi eolici. Però alla fine ha sempre condiviso le nostre strategie. In fondo sempre di energia si tratta, anche se ovviamente parliamo di due mondi diversi per logiche regolatorie, commerciali, di distribuzione. La cultura industriale del gruppo ci ha permesso di mettere a frutto le competenze che già avevamo. Per esempio, gestione e manutenzione possiamo farle internamente, senza affidarle a terzi. Siamo uno dei pochi operatori dell'eolico con competenze sviluppate lungo tutta la filiera, dall'individuazione dei siti, alla costruzione dei parchi e al loro esercizio".
L'industria delle rinnovabili riuscirà mai a impiegare tante persone quanto quella petrolifera?
"Ne sono convinto. Guardiamo alla filiera. L'International Renewable Energy Agency stima che ogni milione di dollari speso in rinnovabili crea più posti di lavoro che la stessa somma spesa in progetti di combustibili fossili. Nell'Ue l'accelerazione della transizione energetica avrebbe, con proiezione al 2050, un impatto positivo sul pil che aumenterebbe del 7,4% con un incremento dell'occupazione del 2,4%. In termini assoluti, questo si traduce in ulteriori 5,4 milioni di posti di lavoro. A livello globale, sempre con proiezione al 2050, si stima che l'occupazione nel settore delle rinnovabili quadruplicherà portando gli occupati fino a 42 milioni di unità... Dirà, fare stime sul lungo periodo è sempre più facile che nel breve: ma noi abbiamo commissionato analisi più a livello locale. Bene, con il solo repowering eolico in Italia, cioè la sostituzione delle turbine più vecchie, quelle di15-20 anni - operazione necessaria, perché nel frattempo la tecnologia è andata avanti con altre più potenti ed efficienti - si possono mettere in campo 8 miliardi di investimenti da qui al 2030, con l'impiego di 4.000 persone l'anno, specie al Sud e nelle Isole. Il tutto dimezzando il numero degli aerogeneratori e senza occupare altra superficie. I benefici economici arriverebbero a 5 miliardi in termini di riduzione del prezzo unico nazionale dell'energia, valore aggiunto e gettito fiscale, minori costi per lo sviluppo della rete elettrica in termini sia ambientali sia economici"
Recovery Fund per l'Italia: si parla molto di auto elettrica e idrogeno.
"L'idrogeno è un'ottima opportunità per un ulteriore impiego delle rinnovabili che potrebbero essere utilizzate per produrlo. L'Italia potrebbe aspirare a diventarne un hub nel Mediterraneo. Sull'auto, le ricerche più recenti dicono che nel 2030 il 75% dei motori saranno ancora a benzina, forse è necessario investire ancora sulla ricerca nelle batterie. Opportunità mi sembrano invece arrivare dall'edilizia, dove già ci sono le tecnologie per ridurre l'impatto ambientale che oggi pesa per il 38% in termini di emissioni di CO2 in tutta Europa. L'Italia ha a disposizione 209 miliardi dal Recovery Fund, di cui una grossa fetta da investire in economia green. Ma serve una drastica semplificazione burocratica. Cito un esempio che ci riguarda da vicino: oggi per ottenere l'autorizzazione al repowering di un parco eolico occorrono 4-5 anni. Una follia: con questi tempi, la tecnologia che prevedo al momento del progetto e che mi verrà autorizzata, sarà giù superata quando potrò iniziare i lavori. Allora perché investire? Per cogliere le opportunità che abbiamo davanti occorre più progettualità e meno burocrazia".